Dalla nonna ha imparato l’arte di cucire, un antidoto contro la sclerosi multipla

Francesca Cangelli . Di Zanica, 44 anni: «Mi aiuta a controllare l’ansia e mi dà soddisfazioni». Il lavoro e gli affetti.

La speranza è come un filo nella vita di Francesca Cangelli, 44 anni, di Zanica, adatto per tenere insieme relazioni, affetti, impegni e prospettive per il futuro da quando, quattro anni fa, ha scoperto di avere la sclerosi multipla (sm). Con la sua macchina da cucire, intanto, realizza tovaglie, camicie e cappottini, cercando di raggiungere l’abilità di sua nonna, portata via dal Covid nel marzo 2020: «Da tanti anni mi proponevo di imparare da lei - racconta -, ma non era mai il momento giusto, e purtroppo alla fine non ho fatto in tempo. Come tanti altri la nonna è andata in ospedale in ambulanza e non è più tornata. Ora però ho iniziato a frequentare un corso di cucito e a coltivare questa piccola passione “di famiglia” nel mio tempo libero. È bello avere uno spazio in cui esprimere il mio lato creativo, mi aiuta a controllare l’ansia e mi dà tante soddisfazioni. Quando mi metto all’opera mi sembra ancora di avere mia nonna vicina».

Il primo sintomo della sclerosi multipla è stato uno strano dolore a un occhio: «Mia nonna ha avuto un glaucoma, così temevo una possibile predisposizione familiare e sono andata subito al Pronto soccorso. Volevo scongiurare il peggio, e speravo in cuor mio di aver preso soltanto un colpo d’aria andando a lavorare in motorino. I medici mi hanno detto che si trattava di un’infiammazione del nervo trigemino, da curare con antinfiammatori e mi hanno rimandata a casa».

Impiegata in una ditta

Francesca in quel periodo lavorava come impiegata in una ditta con un contratto a tempo determinato e non voleva chiedere permessi per motivi di salute: «Ho aspettato per qualche giorno anche se il dolore persisteva. Prendevo i farmaci che mi erano stati prescritti e andavo comunque in ufficio. Una settimana dopo, però, avevo la vista offuscata, mi sembrava che all’improvviso mi mancassero molte diottrie, così sono tornata al Pronto soccorso spiegando la situazione. L’oculista mi ha visitato accuratamente e poi mi ha mandato dal neurologo, dicendomi che a suo giudizio il mio problema non dipendeva dagli occhi». Confusa e un po’ smarrita Francesca ha cambiato reparto in cerca di una risposta: «La neurologa dopo avermi ascoltato con attenzione e dopo aver valutato l’evoluzione dei sintomi mi ha detto che sospettava si trattasse di sclerosi multipla, prospettandomi la necessità di un ricovero immediato. La mia reazione non è stata buona: sono scoppiata in un pianto disperato e le ho spiegato tra le lacrime che tre giorni dopo sarebbe scaduto il mio contratto di lavoro. Mi sono sentita crollare il mondo addosso. La dottoressa è stata molto comprensiva, mi ha rimandato a casa prescrivendomi una cura a base di cortisone e facendomi promettere di tornare in ospedale dopo qualche giorno».

Sono stati momenti terribili per Francesca: «Solo il nome della malattia, che allora non conoscevo, aveva evocato fantasmi spaventosi. Pensavo che sarei finita in poco tempo su una sedia a rotelle, come avevo visto succedere a una vicina di casa. Non riuscivo a immaginarmi malata, non potevo credere che stesse capitando proprio a me. Nonostante questa enorme fatica ad accettare la diagnosi, ho deciso che parlarne apertamente mi avrebbe fatto sentire meglio. Sono una persona molto diretta e così ho deciso di affrontare subito l’argomento anche al lavoro con la mia responsabile. Lei mi ha detto di non preoccuparmi e mi ha rinnovato comunque il contratto, che pochi mesi dopo è stato stabilizzato diventando a tempo indeterminato».

Le mattinate in ospedale

La settimana successiva Francesca ha chiesto e ottenuto di lavorare con un turno pomeridiano, in modo da poter trascorrere le mattinate in ospedale: «Ho iniziato la terapia proprio il giorno del mio quarantesimo compleanno. Dopo la prima infusione di cortisone il dolore è passato, anche se continuavo ad avere problemi di vista. All’epoca avevo un fidanzato in Tunisia e avevo già prenotato un volo per trascorrere un periodo di vacanza con lui. Erano ferie programmate da tempo e mi dispiaceva perderle, perciò sono partita comunque. Quando ha saputo della malattia, però, lui purtroppo si è tirato indietro, e questo mi ha addolorato, rendendo ancora più difficile accettare la malattia. In quel periodo mi ero convinta si trattasse di una condizione transitoria che sarebbe passata. Ovviamente non era così, ho fatto la risonanza magnetica prima di partire e al ritorno ho avuto la conferma della diagnosi, perché l’esito mostrava alcune lesioni».

La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale. È complessa e imprevedibile, può dare sintomi molto vari e si manifesta in modo diverso in ogni soggetto che ne viene colpito, ma non è contagiosa né mortale: «Ho letto moltissimo dopo la diagnosi per capire meglio, perché sono fatta così, sento il bisogno di approfondire. Mi è stato utile, mi ha rassicurato, col tempo sono riuscita a fare pace con la mia condizione: ora vivo con la mia amica, come la chiamo io. Penso che se ne parli troppo poco, e che sia essenziale invece farla conoscere meglio, per rendere più facile la vita di chi si ammala e combattere i pregiudizi».

Francesca ha dovuto dominare la paura e l’inquietudine e fare appello al suo carattere aperto per affrontare più serenamente i controlli e le terapie: «Dopo un anno gli esami hanno segnalato nuove lesioni anche se prive di sintomi, così i medici mi hanno prescritto nuovi farmaci, l’anno dopo hanno cambiato di nuovo. Fortunatamente, grazie ai progressi della ricerca, ci sono diverse cure disponibili che rallentano l’avanzare della malattia e offrono una buona qualità di vita. Da tre anni non si presentano nuove lesioni, anche se sono sempre in allarme. Non è facile capire se un capogiro o un mal di testa possono essere attribuiti con certezza alla sm». La preoccupazione, per Francesca, è come un rumore di sottofondo, che solo a tratti si fa sentire: «Soffro di sclerosi multipla recidivante remittente, una forma non troppo aggressiva. All’inizio mi sentivo quasi paralizzata dalla paura, poi ho capito che dovevo reagire. Mi ha aiutato conoscere, leggere libri e riviste specializzate, studiare, ma soprattutto incontrare l’Aism (Associazione italiana sclerosi multipla). Penso che il confronto sia molto utile. In qualunque situazione può essere d’aiuto scambiarsi esperienze, perché permette di ottenere informazioni, conforto, e di comprendere che ci sono altre persone con la stessa patologia e con sintomi molto simili, con cui si può condividere il peso di certe brutte giornate. Anch’io cerco di essere d’aiuto agli altri, di documentarmi sempre e di offrire riscontri e consigli quando è possibile».

Francesca cerca di continuare la sua vita di sempre: «Ero preoccupata di non riuscire a instaurare una nuova relazione affettiva, invece un giorno ho incontrato un uomo meraviglioso e comprensivo, che ora è il mio compagno. Gli ho raccontato subito tutto ma non si è scomposto e mi è rimasto accanto sopportando i miei alti e bassi, senza farmi pesare la mia situazione, anzi, incoraggiandomi ad affrontarla nel modo migliore»

Stare in compagnia della sclerosi multipla è come camminare nella nebbia per Francesca: «Più mi impegno, più mi sforzo, più velocemente mi esaurisco. È come se questa malattia mi divorasse le scorte di energia. Ho tempi di recupero più lunghi e col tempo ho imparato a adattarmi. Non faccio più programmi a lunga scadenza, perché ogni giornata è diversa dall’altra. Cerco di essere autonoma negli impegni sociali per non penalizzare i miei amici se decido di non andare all’ultimo momento. A volte mi pesano i turni di lavoro pomeridiano-serali, che richiedono un forte impegno fisico e mentale. L’associazione Aism è un sostegno molto prezioso sia dal punto di vista strettamente sanitario sia per altri aspetti della vita, come il lavoro, per capire per esempio come è possibile richiedere condizioni compatibili con la propria situazione fisica» (info su www.aism.it).

Francesca cerca di continuare la sua vita di sempre: «Ero preoccupata di non riuscire a instaurare una nuova relazione affettiva, invece un giorno ho incontrato un uomo meraviglioso e comprensivo, che ora è il mio compagno. Gli ho raccontato subito tutto ma non si è scomposto e mi è rimasto accanto sopportando i miei alti e bassi, senza farmi pesare la mia situazione, anzi, incoraggiandomi ad affrontarla nel modo migliore». Gli amici le sono rimasti accanto: “Quando uno di loro mi chiede aiuto corro e mi faccio in quattro, perché sono fatta così, e per loro è lo stesso. Le persone a me vicine conoscono il mio problema, ma non per questo mi trattano in modo diverso. Non ho perso il mio atteggiamento positivo nei confronti della vita, cerco di sdrammatizzare, di non mettere troppa enfasi sulla malattia. Certo, come tutti ho delle giornate difficili».

La frequentazione del corso

Da un anno e mezzo frequenta un corso di cucito: «A volte è faticoso conciliarlo con i ritmi di lavoro, ma per me è importante, perché mi permette di staccare la spina dei pensieri e di allontanare l’inquietudine. È bello poter creare qualcosa con le proprie mani».

Saper cucire, in fondo, è anche un atteggiamento utile per la vita, per medicare le ferite, tenere insieme le persone: «Mi piace potermi confrontare, e credo sia fondamentale poterlo fare in gruppi di auto-aiuto come quelli dell’Aism, dove si possono porre domande liberamente, senza sentirsi giudicati, e così superare stereotipi e luoghi comuni. La sclerosi multipla è una malattia invisibile, crea disorientamento e tanti timori. Dal punto di vista sanitario credo sia fondamentale incontrare medici empatici e pazienti, perché i malati hanno bisogno di spiegazioni chiare, rassicurazioni, di sentirsi sempre affiancati, soprattutto nel momento delicato dei controlli. Dal punto di vista personale, poi, nessuno dovrebbe essere costretto ad affrontare la malattia da solo. È importante avere qualcuno accanto, che riesca a mantenere teso il filo della speranza, come è successo a me». Come scrive la poetessa Marina Cvetaeva, anche «l’amore è sutura, con cui il vento è cucito alla terra».

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