Supera la malattia di MoyaMoya e a 12 anni riprende in mano la sua vita

MARTINA CALOGERO. La ragazzina operata al «Papa Giovanni». Il racconto della mamma. L’aiuto dell’associazione.

All’inizio e alla fine di questa storia c’è sempre il sorriso sbarazzino di Martina Calogero, 12 anni, di Messina, una ragazza piena di sogni. E nel cuore ci sono l’amicizia, la solidarietà e il sostegno dell’associazione MoyaMoya e una struttura d’eccellenza come l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che l’hanno aiutata a sconfiggere la rara sindrome che l’ha colpita.

«Da solo non sei nessuno – scrive Bebe Vio, campionessa Paralimpica di scherma – ma insieme si può arrivare dappertutto. Ci avete mai pensato?». Anche nel caso di Martina a fare la differenza è stata la capacità di chiedere aiuto, di affidarsi ad altri, un messaggio lanciato in rete dalla sua mamma Cettina Teresano, che ha cambiato il colore dello sfondo dal nero della disperazione all’azzurro della speranza.

Una rarissima patologia

MoyaMoya in giapponese significa «nuvola di fumo» ed è una rarissima patologia cerebrovascolare che interessa i vasi arteriosi della base cranica, che riforniscono il cervello. È una sindrome subdola, che progredisce nel silenzio e si manifesta in modo repentino e grave, come è successo a Martina: «Aveva un mal di testa persistente – racconta Cettina – che non passava con nulla, così, dopo diversi tentativi, il medico di base ci ha consigliato di portarla in pronto soccorso. Ci siamo andati per scrupolo, senza pensare che potesse trattarsi davvero di qualcosa di grave. Alla sua età il corpo subisce tanti scombussolamenti dovuti alla crescita, perciò pensavamo che si trattasse di questo».

Fin dalla prima visita, però, è emerso un particolare preoccupante: «Le hanno prescritto una visita oculistica e la specialista sul fondo dell’occhio ha visto dei “vasi tortuosi”, un segnale che l’ha messa in allarme al punto da spingerla ad approfondire con una risonanza magnetica. È stata la salvezza di Martina, perché la visita neurologica che ha fatto successivamente non aveva invece fatto emergere niente di rilevante. Non è facile diagnosticare questa malattia, che si presenta in pochissimi casi, per questo devo ringraziare il Policlinico di Messina».

L’esito della risonanza

La maggior parte delle analisi di screening eseguite al Pronto soccorso avevano dato, infatti, esito negativo, così Martina e Cettina erano già pronte a tornare a casa: «La dottoressa che ci stava seguendo – continua la mamma – è venuta a parlarci tenendo in mano il referto della risonanza e me l’ha fatto leggere. Pur non essendo un’esperta, mi sono accorta che era impressionante: c’era scritto aorta compromessa, carotide compromessa, arterie compromesse, nervo ottico compromesso. Mi hanno mostrato un’immagine del suo cervello in cui una parte risultava completamente vascolarizzata e l’altra sembrava completamente trasparente». Era come se fosse avvolta dal fumo, proprio come indica il nome della sindrome: «Non avevo mai sentito parlare di MoyaMoya – continua Cettina – questo nome era misterioso e minaccioso allo stesso tempo. I medici mi hanno spiegato che mia figlia avrebbe potuto avere un ictus o un’emorragia cerebrale. In quella prima, lunghissima notte dopo la diagnosi sono rimasta a guardarla mentre dormiva, chiedendomi se sarebbe arrivata viva al giorno successivo».

L’associazione di Scanzorosciate

Il cuore di Cettina e di suo marito Nicola traboccava di preoccupazioni e di domande: «Ho chiesto ai medici se esistevano persone adulte con quella sindrome, se si poteva sopravvivere, ma ho capito che non erano in grado di rispondermi. Mi sono messa subito a cercare su internet e ho trovato subito l’associazione Amici del MoyaMoya di Scanzorosciate. Ho scritto un post disperato sulla loro pagina Facebook spiegando che avevo avuto questa diagnosi per mia figlia, chiedendo aiuto». Così l’atmosfera è cambiata in un attimo: «Si è messa in moto un’incredibile macchina della solidarietà – sottolinea la mamma – Giusi Rossi, presidente dell’associazione, non appena ha visto il messaggio mi ha scritto inviandomi il numero di telefono: ci siamo sentite, mi ha indicato quali potevano essere le mosse successive. Grazie a lei e a tutte le persone che mi hanno contattato raccontandomi la loro storia si è riaccesa la speranza. Mi hanno scritto persone che sono state operate dal neurochirurgo Luigi Andrea Lanterna all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo tanti anni fa e che oggi continuano a stare bene. Questo mi ha rassicurato, mi ha mostrato una prospettiva migliore anche per Martina».

L’operazione a luglio

Nel frattempo anche i medici del Policlinico di Messina hanno consigliato a Cettina e Nicola di portare la figlia all’ospedale di Bergamo, centro d’eccellenza per la cura del MoyaMoya.

«Così mi sono messa in contatto con il dottor Lanterna – spiega Cettina – che mi ha subito dato un’impressione di sicurezza e professionalità».

L’attesa per l’intervento salvavita per Martina non è stata lunga: «Dopo le dimissioni a fine maggio a Messina – racconta Cettina – mia figlia ha ricominciato la scuola ed è riuscita a terminare l’anno regolarmente, senza altri malesseri. Siamo entrate in ospedale a Bergamo il 5 luglio e l’11 Martina è stata operata. L’intervento è durato sette ore ed è riuscito perfettamente, ora sta bene, anche se abbiamo trascorso giornate complicate, affrontando la terapia intensiva e poi la convalescenza, ma abbiamo sempre potuto contare su tante persone che ci sono state vicine».

Prima di tutto l’associazione Amici del MoyaMoya (www.amicidelmoyamoya.org): «Ci ha accompagnato in ogni momento, ci ha ospitato in uno degli appartamenti che vengono messi a disposizione a chi viene da fuori. Sono stati gesti preziosissimi per noi, e non ci siamo mai sentiti soli o a disagio nonostante fossimo lontane da casa».

Prima dell’intervento l’inquietudine più grande di Cettina era che la figlia potesse riportare qualche danno, qualche limitazione: «Mi auguravo soprattutto di poter ritrovare la stessa Martina. Mi premeva che mia figlia potesse tornare alla vita di prima: la scuola, gli amici, l’attività, i sogni che può coltivare una ragazza della sua età. Non le ho nascosto nulla, le ho parlato di tutto ciò che avrebbe dovuto affrontare, delle conseguenze della malattia. Lei è molto tenace e determinata e ha accettato tutto con coraggio, anche le inevitabili sofferenze che ci sono state, ha recuperato benissimo e in tempi ridotti. Ha avuto solo un momento di tristezza, in cui si è chiesta perché toccasse proprio a lei questa grave malattia, una condizione così ingiusta per una ragazzina di 12 anni. Poi però ha reagito ed è stata la più coraggiosa di tutti noi. L’hanno sollevata molto le attività e i giochi svolti con i volontari in ospedale. Abbiamo anche instaurato legami di amicizia con altri piccoli pazienti e con le loro famiglie. Dopo questo intervento delicato ora deve stare un po’ riguardata, perché la ferita non si infetti. Non può stare al sole nelle ore più calde e non può andare al mare, che da noi in questo momento è lo svago principale, ma non è poi un grande sacrificio di fronte a un intervento che le ha salvato la vita».

Recuperate le forze

Cettina ha apprezzato molto l’efficienza e l’operatività dei bergamaschi: «Abbiamo notato una grande organizzazione e cura nella gestione dell’ospedale, che ci hanno fatto sentire sempre in buone mani».

Cettina e Martina sono state dimesse una settimana dopo l’intervento, e in attesa della visita di controllo hanno trascorso qualche giorno a casa di alcuni cugini che vivono a Brescia: «Così abbiamo vissuto l’aria di casa e siamo riuscite a recuperare le forze, in attesa di togliere i punti. Fortunatamente il dottor Lanterna ha detto che la ferita era perfetta, perciò ora dovremo pensare solo ai controlli annuali, compresa la risonanza magnetica, augurandoci che prosegua tutto bene. Spesso infatti la malattia colpisce entrambi gli emisferi, nel caso di Martina ne ha interessato soltanto uno, e speriamo che la situazione rimanga così. Il MoyaMoya ha un’origine genetica, perciò ora dovremo sottoporre a controlli tutta la famiglia, compreso Davide, il fratello di Martina, che ha 9 anni».

Dai Pinguini tattici nucleari

Davide durante la trasferta a Bergamo è rimasto in Sicilia con i nonni: «Abbiamo preferito che vivesse questo periodo senza eccessive ansie. Il periodo di vacanze ha reso più facile la gestione familiare. Mio marito è tornato a casa qualche giorno dopo l’intervento, visto che la situazione era tranquilla. Ora abbiamo ripreso la normale routine, salvo le giornate in spiaggia, Martina però è molto saggia e ha capito che non vale la pena rischiare, la salute viene prima. Ciò che le premeva più di tutto era poter partecipare al concerto dei Pinguini Tattici Nucleari. Avevamo acquistato i biglietti quasi un anno fa, e nonostante quello che è successo siamo riuscite a usarli, realizzando questo piccolo sogno».

Questa brutta avventura ha rinsaldato i legami familiari: «Ci siamo creati una corazza – commenta Cettina – per affrontare le difficoltà, siamo sempre rimasti uniti e questo ci ha dato forza. E dobbiamo ringraziare i parenti, gli amici, le persone che abbiamo conosciuto a Bergamo. Da soli non si può fare niente, bisogna sapersi affidare alle persone che ci stanno intorno. L’amicizia con l’associazione continuerà e anche noi faremo il possibile per aiutare altre persone che si trovano nella stessa situazione condividendo la nostra esperienza. Senza l’appoggio degli Amici del MoyaMoya non avremmo potuto trovare la strada giusta per aiutare Martina, eravamo soli davanti all’ignoto, facili prede dello sconforto. È stato impagabile poter contare su indicazioni e consigli di persone che avevano già affrontato situazioni analoghe».

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