Al calcio italiano non basterebbe neppure un Sinner

L’ANALISI. I francesi, con una definizione ormai assimilata da tutte le lingue del mondo, lo chiamano Déjà vu.

Stesso periodo (allora era il 13 novembre), stesso palcoscenico (San Siro), stesso spettacolo: una nazionale scandinava che esulta e va ai Mondiali (allora la Svezia, oggi la Norvegia), una nazionale azzurra che esce dal campo a testa bassa. Allora finì un po’ meglio nel risultato (0-0) ma fu una sentenza definitiva. Questa volta è andata decisamente peggio (1-4) ma resta l’appiglio dei playoff a cui aggrapparsi.

Spareggi che probabilmente a marzo, più per pochezza degli ipotetici antagonisti che per effettiva qualità degli azzurri, le porte dei Mondiali in qualche modo ce le apriranno, senza però con questo risolvere i problemi del calcio italiano di cui la Nazionale è solo la punta dell’iceberg. Né gli si può augurare di trovare un Sinner per il rilancio: più facile che questo calcio riesca a rovinare anche lui... Perché Sinner (che ieri ha riconquistato le Atp Finals di Torino superando l’eterno rivale Alcaraz) è sì un fenomeno, ma poggia su un movimento che, in assenza sua e dell’altro big Musetti, da domani a domenica si giocherà la Coppa Davis a Bologna con una squadra in grado di essere ugualmente competitiva: Sonego, Cobolli, Berrettini e il doppio Bolelli-Vavassori. E il bello è che nessuno di loro è figlio dell’effetto Sinner: Cobolli ha solo un anno meno di Jannik, gli altri sono addirittura più vecchi. Sono tutti, piuttosto, figli di un movimento che all’inizio degli anni Duemila ha saputo risollevarsi da macerie anche peggiori di quelle del calcio di oggi. Ma ha avuto la forza, il coraggio e la pazienza di rinnovarsi. E poi la fortuna, quello sì, di trovare per strada un fenomeno trascinante come Sinner.

L’ultima riflessione della domenica senza Atalanta (sabato si riparte da Napoli e inizia l’era Palladino) è per il sorriso di Diogo Moreira, 21enne di San Paolo che ha spiegato al Brasile dei miti dell’automobilismo come Fittipaldi, Piquet e Senna come le emozioni nei motori possano correre anche su due ruote. L’ha fatto vincendo il Mondiale della Moto2 grazie a un team bergamasco, l’Italtrans di Calcinate.

Fantasia brasiliana e pragmatismo bergamasco: se il mix funziona, riuscite a trovare qualcosa che dia migliori garanzie di successo?

© RIPRODUZIONE RISERVATA