Dolore alla cervicale? L’estate non aiuta

FISIATRIA. Non trascurate il problema, perché da acuto può diventare cronico. Evitare l’automedicazione.

L’estate è una stagione a rischio per chi soffre di dolore di cervicale o cervicalgia, problema che secondo le stime riguarda circa un italiano su due. In questa stagione, infatti, sono tanti e diversi i fattori che possono favorire l’insorgenza o il peggioramento dei sintomi. Tra questi le posture scorrette, ad esempio durante i lunghi viaggi, l’aria condizionata diretta sul collo, il cambio di cuscino, l’utilizzo prolungato di smartphone. Cosa si può fare allora? Lo abbiamo chiesto al dottor Dario Buffoli, responsabile dell’Unità di Recupero e Rieducazione Funzionale del Policlinico San Pietro e fisiatra di Smart Clinic

Dottor Buffoli, che tipo di dolore è la cervicalgia?

«Per cervicalgia si intende un dolore che interessa il collo, rendendo difficoltose le attività di vita quotidiana. Il rachide (o articolazione) cervicale ha un’estrema mobilità grazie alle vertebre che sono collegate tra di loro attraverso un sistema raffinato che coinvolge dischi, articolazioni e apparati legamentosi. Uno sforzo non adeguato, una postura non corretta o uno stress meccanico, possono provocare dolore per un periodo variabile di tempo, andando a determinare la cosiddetta fase acuta o cronica. Al dolore e sensazione di peso su collo e sulle spalle poi spesso si associano altri sintomi come il mal di testa e le vertigini».

Quali sono le cause più frequenti della cervicalgia?

«Nella maggior parte dei casi il dolore ha un’origine muscolo-scheletrica, legata a contratture muscolari a carico dei muscoli del collo e del cingolo scapolare (spalle). Tra i fattori di rischio più comuni ci sono lo stress e le posture scorrette, a cui durante questa stagione si aggiungono gli sbalzi termici tra caldo all’esterno e aria condizionata negli ambienti interni, l’utilizzo in vacanza di cuscini diversi rispetto a quelli a cui si è abituati durante il resto dell’anno, l’uso eccessivo di smartphone che costringono in collo in una posizione innaturale (vedi box). Ci sono poi altre cause come l’artrosi del rachide cervicale, condizione molto comune con l’avanzare dell’età, e la “rettilineizzazione”, ossia la perdita della normale curva cervicale chiamata lordosi. Nei casi più complessi, la cervicalgia, infine, potrebbe essere dovuta a compressioni delle strutture nervose causate da ernie (discopatie), fratture vertebrali post-traumatiche o patologiche da neoformazioni della colonna, infezioni eccetera».

Come si diagnostica?

«La diagnosi di cervicalgia è essenzialmente clinica: è necessario conoscere la storia clinica della persona e le caratteristiche del dolore come il tempo di insorgenza, la sede, eventuali fattori predisponenti, senza trascurare fattori psico-sociali e familiari. Un accurato esame obiettivo deve includere la valutazione della flessibilità articolare e della forza muscolare del rachide cervicale e del cingolo scapolare, l’individuazione delle contratture muscolari e dei trigger point dolorosi. Gli esami radiologici hanno lo scopo di confermare un sospetto diagnostico specifico e non dovrebbero essere impiegati come alternativa all’esame obiettivo. Oltre alle radiografie cervicali standard in due proiezioni, possono essere sono indicati approfondimenti diagnostici di secondo livello come TAC, risonanza magnetica, elettromiografia».

Quali terapie possono essere efficaci?

«Il problema non va trascurato, perché da acuto può divenire cronico. Da evitare l’automedicazione: la terapia deve essere impostata dal medico. Si può ricorrere a una terapia farmacologica (antiinfiammatoria-antidolorifica), a cui si possono associare terapie fisiche (Tecarterpia, Tens ), mesoterapia antalgica o agopuntura fino ai casi più complessi in cui si può ricorrere a blocchi anestetici. Un ruolo fondamentale è svolto dall’esercizio terapeutico: gli esercizi di ginnastica posturale associati alla massoterapia decontratturante, eseguiti con un fisioterapista, possono ridurre sensibilmente dolore e disabilità soprattutto nella fase cronica, permettendo inoltre di prevenire eventuali recidive. Una volta risolta la fase dolorosa, può essere utile adottare stili di vita più salutari con un’attività fisica adattata».

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