
La salute / Valle Brembana
Giovedì 26 Giugno 2025
Idrokinesi e sclerosi multipla: i benefici del lavoro in acqua
FISIOTERAPIA. Tra i principali traguardi che ci si propone di raggiungere c’è il miglioramento dell’allineamento posturale e la riduzione del dolore.
In ambito riabilitativo, l’acqua non è soltanto un ambiente protetto, ma un vero e proprio «strumento terapeutico». Grazie alle sue proprietà fisiche, facilita il movimento, riduce il carico articolare e stimola funzioni spesso compromesse. Tra i pazienti che possono trarne beneficio ci sono anche le persone con sclerosi multipla (patologia neurologica complessa che comporta deficit motori, cognitivi e disturbi dell’umore) per le quali l’idrokinesiterapia rappresenta un’opportunità per lavorare su equilibrio, postura e dolore, ma anche sul tono dell’umore. «L’acqua non è solo un ambiente facilitante, ma una risorsa terapeutica che consente di lavorare sul benessere psicofisico della persona», afferma Paola Quarenghi, fisioterapista dell’Istituto Clinico Quarenghi, struttura di San Pellegrino Terme specializzata in riabilitazione neurologica, ortopedica cardiologica e respiratoria, dotata di vasca terapeutica, oltre che robotica e tecnologie con intelligenza artificiale.
Perché è importante l’attività motoria in acqua?
«In generale, l’attività motoria contribuisce in modo significativo al benessere della persona. Anche chi convive con patologie di diversa natura può trovare beneficio nel movimento, soprattutto quando inserito in un percorso riabilitativo personalizzato, costruito insieme a un terapista qualificato. Un intervento mirato consente di ridurre dolori, rigidità e senso di affaticamento, con ricadute favorevoli anche sulla componente emotiva. La terapia in vasca, in questo contesto, rappresenta un elemento agevolante. L’ambiente microgravitario permette di svolgere esercizi che a terra risulterebbero difficili o troppo faticosi. Attraverso un’attenta pianificazione degli esercizi, adattati alle capacità e alle esigenze della persona, il movimento in acqua può diventare uno strumento riabilitativo completo».
Che reazione hanno i pazienti alla vista dell’acqua?
«Spesso al primo incontro c’è preoccupazione. Questa svanisce quando la persona si sente accolta, «cullata», sostenuta dal nuovo elemento che è l’acqua e che la libera - finalmente - da ogni ausilio utilizzato sulla terraferma. L’ambientamento del paziente in acqua è fondamentale: il fisioterapista presenta le caratteristiche della vasca, qual è la parte meno profonda e quella più profonda, dove ci sono i gradini e dove ci si può sedere o appoggiarsi. Guadagnare la fiducia della persona è fondamentale per chi ha paura ed è ancora in grado di deambulare».
Quali sono i benefici dell’idrokinesiterapia per chi ha la sclerosi multipla?
«Le persone con patologie autoimmuni come la sclerosi multipla possono trovare benessere immergendosi in acqua a 32°. Nel percorso riabilitativo in acqua, gli obiettivi vengono definiti in modo personalizzato, tenendo conto delle condizioni e delle potenzialità del singolo individuo. Tra i principali traguardi che ci proponiamo di raggiungere, c’è innanzitutto il miglioramento dell’allineamento posturale e la riduzione della sintomatologia dolorosa, in particolare a carico del rachide dorso-lombare e degli arti, sia superiori sia inferiori. Quando presente, si lavora anche per ridurre l’ipertono muscolare, favorendo il rilassamento e il recupero della funzionalità. La terapia mira inoltre a facilitare i movimenti ancora presenti agli arti, a migliorare il controllo del tronco e del bacino, fondamentali per la stabilità del corpo. Un lavoro specifico viene dedicato all’equilibrio, sia statico sia dinamico, con l’obiettivo di migliorare lo schema del passo e quindi un cammino più sicuro».
Che tipo di esercizi si eseguono in acqua?
«Durante le sedute vengono proposte diverse tipologie di esercizi. Si lavora, ad esempio, sul rinforzo degli arti inferiori con l’ausilio di elastici, sull’equilibrio statico e sul rafforzamento della muscolatura addominale. Ad accompagnare l’attività ci sono ausili galleggianti come manubri, tubi, tavolette e ciambelle, di volume variabile. Questi strumenti vengono scelti in base agli obiettivi: possono facilitare il movimento oppure introdurre un grado di instabilità controllata, utile per stimolare la funzionalità motoria e l’adattamento posturale. Infine, si affrontano esercitazioni più mirate, come il training delle scale, e in alcuni casi si introduce o si reintroduce il nuoto come parte del programma riabilitativo. Quando possibile, si integrano esercizi motori con compiti cognitivi simultanei, secondo la logica del dual task, per allenare anche l’attenzione, la memoria e la coordinazione».
Ci sono poi risvolti psico-sociali.
«Sì, l’acqua ha un potere speciale: facilita la condivisione delle esperienze di vita, delle paure, delle ansie e alleggerisce quei momenti difficili da affrontare da soli. Si instaurano amicizie sincere che durano negli anni e che stimolano ad andare avanti con un atteggiamento positivo anche vivendo nella malattia. C’è anche chi scopre uno sport nuovo, il nuoto, ritenuto noioso prima della malattia, e poi visto come linfa nuova. Oppure c’è chi fa un tuffo nel passato e rivive i momenti felici vissuti da bambino: la gioia si legge sul viso».
Che ruolo ha il rapporto paziente e fisioterapista?
«È essenziale. Anzitutto nel caso della terapia in acqua parliamo di un professionista con una specifica formazione in idrokinesiterapia. La relazione, basata su ascolto e supporto, competenza e fiducia, contribuisce in modo determinante al benessere psicofisico della persona, rendendo il programma riabilitativo concretamente più motivante».
Si notano subito i benefici della terapia in acqua?
«Se è difficile vedere dei miglioramenti fisici dopo una sola seduta in acqua, gli effetti sul tono dell’umore si leggono sul viso: la persona si sente subito più leggera».
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