Usiamo il cervello: è l’unico modo per tenerlo in forma

L’intervista Il cervello sarà protagonista della prossima settimana, dal 14 al 20 marzo. Ne parliamo con Paola Merlo.

Una ricorrenza quella della «Settimana mondiale del cervello» promossa dalla Società Italiana di Neurologia (SIN), per aumentare la consapevolezza delle persone nei confronti della ricerca sul cervello e sulle malattie neurologiche. Ne parliamo con la dottoressa Paola Merlo, Responsabile dell’Unità Operativa Neurologia di Humanitas Gavazzeni.

Il cervello non smette di affascinare…

«Sì perché, sin dalla nascita, il nostro cervello ha un talento unico: la capacità di imparare, apprendere e trasformarsi. Tutto ciò è possibile grazie alla sua struttura formata da quasi novanta miliardi di neuroni, tanto che qualcuno l’ha paragonato alle stelle della Via Lattea. Questi neuroni rappresentano la sostanza grigia del Sistema Nervoso Centrale e sono in grado di realizzare milioni di miliardi di connessioni (sinapsi) creando una rete “neuronale” ricchissima di collegamenti».

Come si evolve il nostro cervello?

«La sua strutturazione avviene già nelle prime settimane di vita prenatale. Quindi un neonato presenta un cervello perfettamente strutturato e il suo futuro sviluppo dipenderà, al di là delle patologie che potranno sopraggiungere, dalle capacità di usarlo e saperlo gestire nelle condizioni migliori».

Si dice che il nostro cervello sia come una «spugna» da piccoli: è corretto?

«Sì, nel crescere le connessioni cerebrali aumenteranno in modo elevato fino a una vera e propria gerarchia di maturazione delle diverse aree cerebrali. I tempi di maturazione devono essere adeguati e in particolar modo tutti gli eventi positivi e negativi potranno avere un’influenza in età adulta. Quindi sì, in ogni fase della nostra vita il cervello può essere considerato come una spugna».

Come si presenta il cervello durante l’adolescenza?

«In questo periodo avviene la definitiva gerarchia delle diverse zone cerebrali: la prima e più importante è quella delle emozioni. L’adolescenza è però anche un momento di grande vulnerabilità che può spingere alcuni a ricorrere all’ uso di alcol e sostanze stupefacenti per affrontarla; una scelta che potrà incidere molto nella vita adulta, causando in alcuni casi l’invecchiamento precoce del cervello».

E nell’età adulta?

«Nell’età adulta il cervello raggiunge la sua piena maturità ma, in questa fase, possono sopraggiungere eventi patologici e processi di neurodegenerazione come le malattie vascolari, il Parkinson e la demenza. Fondamentale per cercare di arginarle è condurre un corretto stile di vita e contrastare lo stress».

Quanto è importante mantenere attivo il cervello anche in tarda età?

«Molto: l’unico modo per far sì che il cervello possa avere una sua evoluzione o stabilità è quello di renderlo sempre attivo e farlo funzionare. Ognuno di noi ha una “riserva cognitiva” che si correla a quanto abbiamo fatto lavorare il nostro cervello durante la vita».

In futuro il cervello sarà ancora un «mistero»?

«La costante ricerca scientifica sta ponendo le basi di un’indescrivibile crescita per conoscere meglio questo organo. Tuttavia, siamo ancora di fronte a limiti di applicazione dovuti alla sua complessità. Certamente le capacità sia di diagnosi sia di terapia negli ultimi venti anni hanno dato buoni risultati ma, per citare il premio Nobel John Carew Eccles: fino a che punto ci sarà possibile usare il nostro cervello per conoscere il nostro cervello?».

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