Vene varicose: i primi segnali
non vanno trascurati

La diagnosi precoce è basilare per evitare che i problemi peggiorino e si vada incontro a serie complicanze.

pere, che è ben diverso!) cosa siano le varici degli arti inferiori, ma è sempre utile fare chiarezza. Bisogna innanzi tutto dire cos’è la patologia varicosa: una dilatazione delle vene superficiali delle gambe e delle cosce. Ce lo racconta il dottor Giovanni Perrucchini, specialista in Chirurgia generale, che collabora con «Politerapica» di Seriate e opera pressol’Istituto «Beato Palazzolo» di Bergamo.

Colpisce uomini e donne

La patologia varicosa - spiega Perrucchini - è molto frequente nella popolazione adulta arrivando a percentuali anche del 70% negli individui di età superiore a 60 anni. Il sesso femminile ha una predisposizione maggiore (con un rapporto di tre a uno). Tra i fattori predisponenti la patologia varicosa vi sono anche quelli genetici, ambientali e lavorativi.

La malattia si manifesta inizialmente con una minima dilatazione superficiale cutanea, i cosiddetti «capillari». Progredendo, giunge a dilatazioni maggiori del tronco venoso, le vere e proprie varici. Si passa quindi da strie verdi-bluastre sottocutanee che crescono fino a vere e proprie estroflessioni della cute palpabili direttamente.

I sintomi della patologia varicosa iniziano con pesantezza agli arti inferiori, comparsa di teleangectasie (ancora, i «capillari»), dolori durante la stazione eretta, crampi notturni, fino ad arrivare al gonfiore delle caviglie, che possono poi degenerare in flebite, trombosi e ulcere, creando problemi ancora più seri.

Importante la diagnosi precoce

Come sempre, è fondamentale intervenire in fase precoce. Arrivare tardi, infatti, significa spesso dover correre ai ripari su situazioni complesse che si sarebbero potute evitare.

A questo punto è utile chiarire la differenza fra sistema venoso superficiale e profondo. Quest’ultimo è quello più importante e deputato al trasporto maggiore del sangue dalla periferia al cuore. Prima di ogni trattamento riguardante il sistema superficiale, bisogna studiare attentamente quello profondo, anche con un ecocolordoppler. Questo è un esame strumentale non invasivo, che utilizza solo ultrasuoni e serve a verificare sia la normalità del circolo venoso profondo (e quindi l’assenza di trombosi e/o flebiti, che controindicano eventuali trattamenti), sia la presenza di varici e incontinenza del circolo venoso superficiale.

Alla diagnosi - spiega ancora il dottor Giovanni Perrucchini - si arriva con una visita specialistica e l’ecocolordoppler. Da qui si definisce il piano dei trattamenti che possono essere preventivi, para-estetici e terapeutici.

Interventi non solo chirugici

Gli interventi preventivi e para-estetici includono trattamenti con laser transdermico e iniezioni sclerosanti. Con questi si porta notevole beneficio alle gambe con ottimi risultati anche estetici, senza la necessità di procedure più pesanti e maggiormente aggressive. Il laser transdermico è un trattamento che utilizza una luce amplificata, appunto il laser, che riesce a «coagulare» i capillari e a farli sparire. Questo porta alla guarigione delle teleangectasie e alla risoluzione della sintomatologia dopo una ventina di giorni.

Le iniezioni sclerosanti (che vanno invece riservate a capillari più voluminosi e a venule) si eseguono con una siringa dotata di agocannula finissima che viene inserita nella venula stessa per iniettare un liquido che ha lo scopo di «irritarla», portando così ad una sua sclerosi ed alla risoluzione del problema dopo un mese circa dell’inestetismo.

Quando le vene varicose hanno invece raggiunto dimensioni ragguardevoli si deve ricorrere a trattamenti terapeutici che si dividono in chirurgici tradizionali e mini invasivi endovasali con laser. Questi ultimi possono essere adottati dopo adeguato studio doppler. Consistono in un intervento chirurgico che si esegue in anestesia locale e prevede l’utilizzo della sonda laser che viene introdotta nella vena grande safena malata e ne provoca, una volta attivato il raggio laser, la chiusura completa con la risoluzione della sintomatologia e con un ottimo risultato anche estetico essendo necessarie solo alcune piccolissime incisioni cutanee.

Solo in casi estremi resta necessario l’intervento chirurgico tradizionale che prevede un’anestesia di solito spinale e lo «stripping» o rimozione della grande safena stessa. Sono però necessarie incisioni cutanee maggiori ed un decorso post-operatorio un po’ più pesante.

La prevenzione è necessaria

La prevenzione - conclude il dott. Giovanni Perrucchini - rimane un’arma potentissima per una patologia così diffusa che spesso deve essere curata in modo chirurgico. Stili di vita corretti, alimentazione sana e giusto movimento sono la ricetta ideale, insieme a controlli periodici.

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