Vigile del fuoco, una passione di famiglia
Gli Oldoni, pompieri da tre generazioni

Antonio, 92 anni, i due figli Giancesare e Maurizio e il nipote Matteo: in servizio da 64 anni nel distaccamento di Treviglio e al comando di Bergamo. Domenica 8 dicembre, per i festeggiamenti di Santa Barbara, erano tutti presenti nella caserma della Bassa.

Una famiglia di Vigili del fuoco in servizio da ben 64 anni, rappresentata nella continuità da tre generazioni, tutte accomunate dall’avere prestato la loro opera con orgoglio e immutato spirito di servizio nel distaccamento di Treviglio e al comando di Bergamo. È quella di Antonio Oldoni, il capostipite e oggi arzillo novantaduenne che ha trasmesso nel tempo la passione anche ai figli Giancesare, Maurizio e al nipote Matteo. Domenica mattina, 8 dicembre, per i festeggiamenti di Santa Barbara, erano tutti presenti nella caserma di Treviglio.

L’occasione del ritrovo dei quattro pompieri era legata anche alla premiazione di Maurizio Oldoni, 61 anni, dallo scorso giugno in pensione per raggiunti limiti d’età, dopo avere iniziato nel 1981. Il papà Antonio smise invece nel 1980, ma lucidi sono ancora i ricordi dei 25 anni trascorsi come vigile del fuoco volontario: «Iniziai nel 1955 perché convinto da alcuni amici – racconta – e da subito subentrò la passione per un lavoro volontario che a quei tempi era basato sul coraggio e scrupolosa improvvisazione. Non c’erano corsi da seguire, bastava una vista medica e via, arruolati: la caserma era nella centrale via Cavour (lo fu fino al 1985, ndr) eravamo in una dozzina e ci affidavamo a un’autopompa e un’autobotte».

Niente cicalini, ma telefonate a casa o in ditta, alla Same, dove Antonio Oldoni lavorava come motorista: «Se ero a casa alla cascina Pezzoli veniva ad avvisarmi la titolare del vicino bar, se ero in ditta ero informato dai colleghi. In dotazione avevamo un elmetto, un paio di pantaloni e una camicia, per il resto ci arrangiavamo con i nostri indumenti: per gli incidenti usavamo attrezzi semplici, ma tutto è cambiato, per fortuna in meglio». Antonio Oldoni negli spostamenti verso la caserma usava la sua Fiat Giardinetta, sulla quale la domenica mattina caricava anche i figli Giancesare, 62 anni, e in pensione come Vigile del fuoco dal 2017, dopo avere iniziato nel 1988, e Maurizio: «Quando papà ci portava in caserma per noi bambini era un momento di gioia – ricordano i due fratelli – e in quei momenti il nostro sogno era di diventare vigili del fuoco, che poi si è concretizzato più avanti negli anni». L’arruolamento di Giancesare e Maurizio corrisponde a un periodo di cambiamento del modo di operare: «Non più semplici visite mediche per i volontari, ma specifici corsi che ci hanno permesso di conoscere rischi e modi operativi prima non del tutto conosciuti – spiegano –, poi in supporto sono arrivati mezzi e attrezzature».

Padre e figli sono concordi nel sottolineare un paio di aspetti immutati nel tempo: «L’orgoglio di agire per il bene e a servizio della comunità e, nonostante l’esperienza, l’essere sempre accompagnati da un certa sensibilità e commozione quando ci si trova davanti a situazioni drammatiche». Ora il testimone della famiglia Oldoni è passato in mano a Matteo, 30 anni, figlio di Maurizio, ingegnere aerospaziale che lavora tra l’Italia e l’estero e presta servizio temporaneo al comando di Bergamo: «Anche la mia passione si è sviluppata da bambino, quando mio papà mi portava in caserma a Treviglio e mentre usciva per l’intervento mi lasciava col collega nella centrale operativa. Le chiamate e i dialoghi di servizio via radio e poi l’esito delle operazioni mi colpivano, tanto che decisi di fare da grande il pompiere».

E così è stato. Non appena maggiorenne ha deciso di farsi operare agli occhi per ridurre la miopia e superare la visita: «La prima notte di servizio, nel 2008, per non rischiare l’assenza la mattina, ho dormito sull’autobotte e poi ricordo le mie serate in discoteca col cicalino, quindi la preparazione degli esami universitari di notte in caserma». Per i frequenti impegni di lavoro, Matteo Oldoni è in servizio temporaneo al comando provinciale: «Non appena posso, sono in caserma – ha concluso – sorretto da quella passione che è nel dna della mia famiglia».

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