Le polveri sahariane arrivate in quota: il fenomeno «neve rossa»

MONTAGNA . Trasportate al Nord da scirocco e libeccio. Fanno sciogliere più velocemente il manto bianco. A Fregabolgia in dieci giorni si è scesi da 237 a 191 cm.

Malgrado le temperature in netto rialzo le ultime nevicate arrivate in quota stanno ancora regalando un panorama molto diverso rispetto agli inverni più recenti. Gli ultimi due, in particolare, sono stati infatti caratterizzati da una cronica carenza di precipitazioni considerando che lo «stoccaggio» di neve oltre i 2.000 metri era da considerarsi ai minimi termini; durante l’estate era quindi venuta a mancare anche la naturale disponibilità idrica in seguito al suo scioglimento con conseguenze negative sulla portata di tutti i maggiori corsi d’acqua nonché sugli invasi montani.

Da un confronto fotografico effettuato a inizio aprile alla diga del Barbellino (sopra Valbondione) è risultato però evidente come nel 2022 l’innevamento fosse più scarso rispetto allo scorso anno (entrambe le stagioni, come si ricorderà, sono state caratterizzate da scarse precipitazioni). Allargando l’analisi agli ultimi dieci anni è poi emerso che proprio l’accumulo primaverile registrato due anni fa sia risultato il più scarso sia dal punto di vista dei residui nevosi sia osservando il livello dell’acqua presente nell’invaso. Anche l’ultima stagione invernale non era però iniziata sotto i migliori auspici, visto che tutti i comprensori sciistici avevano dovuto fare affidamento quasi esclusivamente sull’utilizzo dell’innevamento programmato.

Poi le nevicate di inizio gennaio e febbraio, associate alle frequenti precipitazioni di marzo, hanno contribuito a dare un aspetto più invernale alle nostre montagne. Come indicato nel nuovo report della Fondazione «Cima Research Foundation» la situazione è risultata però molto diversa alle quote medio-basse dove l’innevamento è stato invece deficitario (secondo lo stesso studio l’inverno appena trascorso è risultato il più caldo da quando si effettuano le misurazioni e il piovoso mese di marzo non ha fatto eccezione relegando le abbondanti nevicate oltre i 1.800-2.000 metri di quota).

Le polveri Sahariane che fanno sciogliere più in fretta la neve

Tra le particolarità legate proprio alle ultime precipitazioni va poi segnalata una forte deposizione di polveri sahariane trasportate sulle nostre regioni (ma alcuni studi hanno dimostrato che sono in grado di raggiungere anche la Foresta Amazzonica, a 8.000 chilometri di distanza) dallo scirocco e dal libeccio, venti caldi che soffiano dai quadranti meridionali. Queste polveri sulla superficie della neve sono però in grado di velocizzarne lo scioglimento a causa del minor potere riflettente nei confronti dei raggi solari. La conferma è arrivata anche dai dati forniti dalle stazioni Arpa posizionate in quota; a quella di Fregabolgia (Carona, 1.955 metri) si sono misurati ieri 191 centimetri a fronte dei 237 di dieci giorni fa mentre a quella di Vilminore (1.856 metri di quota) si è scesi a 143 centimetri dai 204 di inizio mese; il calo più vistoso è stato però registrato a quella del Barbellino (Valbondione, 1.784 metri) considerando che si è passati dai 160 centimetri ai 86 di domenica.

C’è anche un alto pericolo valanghe

Il bollettino meteo emesso da Arpa Lombardia indica per lunedì e martedì sulle nostre Orobie un pericolo valanghe marcato (valore 3 su una scala di 5). Il manto nevoso, consolidato per rigelo notturno nelle prime ore della mattinata, sarà in rapido indebolimento per riscaldamento nel corso della giornata. Sui pendii esposti a nord posti oltre i 3.000 metri il consolidamento sarà da moderato a debole e localmente il distacco di neve sarà ancora possibile con un debole sovraccarico. Durante le ore più calde saranno possibili valanghe spontanee di grandi dimensioni a tutte le esposizioni.

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