Morì in Russia per aiutare i compagni
Alpino «torna» dal fronte dopo 80 anni

Ritrovato il piastrino di Pietro Galizzi, venerdì 1 novembre sarà consegnato al nipote, parroco di San Gallo. «Uscì da Nikolajewka ma tornò indietro per soccorrere i feriti e fu preso».

Venerdì 1 novembre alle 11, nei pressi del municipio di San Giovanni Bianco, davanti al monumento ai Caduti, un eroe tornerà idealmente a casa. È Pietro Galizzi, alpino, classe 1916, partito nel 1940 per il fronte greco-albanese e poi sul fronte russo con il quinto Reggimento alpino (Csir e poi Armir). Imprigionato nel lager bielorusso di Uciostoje, uno dei più terribili, morì a 26 anni, nel 1943. A 80 anni dalla partenza, il nipote, don Giovanbattista Galizzi, parroco di San Gallo e San Pietro d’Orzio (frazioni di San Giovanni Bianco) riceverà la sua piastrina militare, in occasione delle celebrazioni del IV Novembre.

«Una fede granitica»

Una storia di eroismo, quella di Pietro Galizzi, artigliere, tiratore scelto, così come ricordava un suo commilitone scomparso, Domenico Galizzi: «Pietro era uscito dalla terribile sacca di Nikolajewka, ma ritornò indietro per cercare di salvare i suoi compagni feriti e bloccati in una slitta. Da quel momento non si ebbero più sue notizie. Aveva 26 anni, era un galantuomo dalla fede granitica, mite e umile. Un uomo eccezionale».

Così il ricordo anche nelle parole del nipote don Giovanbattista: «Mio padre mi raccontava sempre del grande gesto di altruismo ed eroismo dello zio. Era ormai salvo, insieme a Domenico. Erano fuori da Nikolajewka. Ma dietro di loro, il conducente di un mulo era stato ucciso. La slitta stracarica di feriti era senza guida. Pietro tornò indietro, nonostante Domenico cercò di farlo desistere. “Anche loro hanno figli, una famiglia, una moglie”, disse Pietro a Domenico. “E poi ci proteggerà la Madonna della Costa”». Pietro Galizzi tornò indietro, verso quella slitta carica di feriti. Verrà fatto prigioniero e portato al campo 56 di Uciostoje, lager al limite della Siberia, chiuso alla fine del 1943 per le terribili condizioni dei prigionieri di guerra: vi morirono 4.344 persone. Gli ultimi 600 prigionieri italiani furono trasferiti nel campo 241 di Vilva, negli Urali. Il piastrino di Pietro è stato ritrovato nel 2018 a Voronezh, nell’Oblast della Russia, durante le operazioni di scavo di un cantiere edile, ed è composto da una sola lamina con i dati personali dell’alpino.

Fondamentale nel risalire ai familiari di Pietro Galizzi, l’attività di ricerca dell’associazione di Taranto «Armir, il ritorno dall’oblio».

La piastrina sarà ora consegnata in forma ufficiale dall’Amministrazione comunale di San Giovanni Bianco durante le prossime celebrazioni del IV Novembre.

Consegna al parroco di San Gallo

«Per il nostro Comune - dice il sindaco Marco Milesi –  è motivo di orgoglio poter riportare alla famiglia il piastrino militare del soldato Pietro Galizzi».

«Pietro lo ricorderemo sempre come un eroe, come mi raccontava mio padre e come ne parlava anche Domenico - continua ancora il parroco di San Gallo e San Pietro d’Orzio don Giovanbattista -. Avrebbe potuto salvarsi, volle invece tornare indietro per aiutare i suoi compagni feriti. Non tornò più a casa. E di lui non sapevamo nulla, neppure dove fosse morto».

Ora dopo, 80 anni, l’ideale «rientro» nella braccia dei suoi famigliari e della sua comunità.

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