Covid, piano vaccini a Bergamo
Pronti 400 medici di famiglia

Quando verranno arruolati, potranno garantire 9.600 somministrazioni in più ogni settimana.

Due mesi di campagna vaccinale, e i nodi sono già tutti al pettine. Due quelli più evidenti - oltre alle falle del sistema di prenotazione regionale - nel mirino di chi vorrebbe accelerare. Il primo, arcinoto, è legato alla disponibilità di dosi: nodo su cui, a livello territoriale, si può fare però ben poco. L’altro è invece strettamente correlato alla disponibilità di personale: perché la campagna ingrani la quinta, non servono solo più dosi. Servono anche più operatori sanitari: per la precisione, medici e infermieri che rinforzino le truppe degli hub vaccinali.

«Se solo si impiegassero i medici di famiglia, riusciremmo a garantire circa 9.600 dosi in più a settimana» dice il presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo, Guido Marinoni. Marinoni fa un semplice calcolo: da un lato stima che sulla platea di 650 camici bianchi bergamaschi siano circa 400 i professionisti che potrebbero aderire alla campagna con una disponibilità di quattro ore a settimana; dall’altro ipotizza una catena di lavoro che preveda 10 minuti a somministrazione, per un totale di sei dosi all’ora. «Arriviamo a 24 dosi a settimana, che per un totale di 400 medici significa appunto 9.600 iniezioni settimanali. È chiaro che il coinvolgimento dei medici di famiglia sia prioritario se davvero si vuole accelerare». Anche perché: con la pressione tornata a salire negli ospedali, è difficile che le Asst riescano a dirottare sempre più medici dai reparti ai centri vaccinali. Non finché la curva dei contagi non inizia a scendere. E anche quando vengono pubblicati bandi ad hoc, per il reclutamento degli operatori sanitari, le adesioni arrivano col contagocce.

Non a caso qualche medico di base al lavoro negli hub vaccinali già c’è: nello specifico al Palasettembre di Chiuduno, gestito dall’Asst Bergamo Est (che, oltre agli over 80 e agli insegnanti, sta anche vaccinando i cittadini dei Comuni «argine» fra i 60 e i 79 anni), dove i camici bianchi hanno preso servizio dallo scorso weekend. «Ma ora serve un piano organico che coordini la discesa in campo di tutti i medici di famiglia già disponibili – sostiene Marinoni –, inclusi i 90 professionisti in pensione che hanno accettato di aderire a titolo gratuito. I camici bianchi possono iniziare a prestare servizio negli hub già attivi, per poi vaccinare anche negli ambulatori quando ci saranno vaccini con catena del freddo più agevole e magari monodose. Ma, ripeto: serve una cabina di regia».

I medici non solo però i soli operatori sanitari indispensabili per accelerare: l’altra figura chiave è quella dell’infermiere. Se infatti ai camici bianchi è affidata l’anamnesi, sono gli infermieri - almeno nelle linee allestite all’interno degli hub - a occuparsi dell’iniezione. «Ad oggi non ci sono infermieri disoccupati che possano essere assunti per la campagna vaccinale – è la constatazione di Gianluca Solitro, presidente dell’Ordine degli Infermieri di Bergamo –. C’è un’enorme carenza di infermieri, è risaputo, a fronte di una domanda sempre più pressante. Ma ci sono almeno due cose che si possono fare per reclutare personale per gli hub: da un lato, ed è quel che si può fare sin da subito, proporre ai mille infermieri liberi professionisti che lavorano nella Bergamasca forme di collaborazione agili, che permettano loro di dedicare qualche ora a settimana alle vaccinazioni. Parliamo ovviamente di collaborazioni retribuite: chiedere agli operatori sanitari di fare volontariato dopo l’anno che hanno appena vissuto è a dir poco offensivo”. Ma c’è anche un’altra soluzione, seppur non nel breve termine, prospettata da Solitro: «Bisogna far sì che gli infermieri dipendenti pubblici non abbiano vincoli di esclusività: se si permette loro di lavorare contestualmente anche come liberi professionisti, ci sarebbero migliaia di infermieri pronti a dare la propria disponibilità alle vaccinazioni».

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