«Basta sci fuori stagione, d’estate i ghiacciai meglio lasciarli in pace»

L’inchiesta. Michela Moioli, campionessa di snowboard di Alzano: «Impagabile vivere in montagna, nei giovani vedo un approccio nuovo». Leggi su L’Eco di Bergamo del 26 settembre l’intervista nella nostra doppia di approfondimento «Terre Alte».

Ultima puntata dell’inchiesta sulla montagna de L’Eco di Bergamo. Lunedì 26 settembre, in edicola, le interviste alla campionessa di Snowboard Michela Moioli e alla guida alpina Nadia Tiraboschi. Due diversi spaccati delle terre alte, viste da un’atleta di livello mondiale e da chi ogni giorno affronta le cime per passione e professione.

In montagna per lavorare, per vivere e per vincere. Michela Moioli ha con le terre alte un rapporto privilegiato: si allena sui ghiacciai, porta a casa titoli e medaglie da tutto il mondo, quando smetterà la tuta di snowboarder olimpionica immagina di restare nel mondo dello sport lavorando in quota, dove già tanti suoi coetanei scelgono di stabilirsi perché trovano «una qualità della vita imparagonabile rispetto a quella dei centri urbani».

È la riflessione della 27enne di Alzano Lombardo che si sta preparando in queste settimane alla prossima Coppa del mondo di snowboard, un appuntamento che rischia però di dover fare i conti con i cambiamenti climatici.

«La prima tappa – spiega la campionessa bergamasca – è in programma a fine ottobre a Les Deux Alpes, in Francia: le gare dovrebbero svolgersi sul ghiacciaio di questa località, ma gli organizzatori non hanno ancora verificato se ci sia abbastanza neve per farci sciare regolarmente. Secondo me, non sarà possibile iniziare la nuova stagione agonistica così presto, credo che l’apertura della Coppa del mondo sarà a dicembre, come avveniva in passato».

Anche gli atleti internazionali e il mondo dello sport che si muove da un continente all’altro deve quindi fare i conti con il riscaldamento globale che sta riducendo le precipitazioni invernali e accelerando lo scioglimento dei ghiacciai?

«Sicuramente è un tema che sta facendo riflettere anche l’intero settore legato agli sport invernali. Benché noi atleti siamo abituati a gareggiare lungo tracciati di località sciistiche dove c’è neve soltanto sulle piste, preparate apposta per noi, è decisamente più faticoso adeguarci a quanto sta accadendo quando siamo tra l’estate e l’inizio dell’autunno, nel periodo degli allenamenti. Di solito sfruttiamo il ghiacciaio dello Stelvio, ma da quando ho iniziato ad allenarmi lì, più di dieci anni fa, è cambiato tutto. Mi dicevano che si intravedevano già i segnali del cambiamento climatico, ma da allora posso confermare che in dieci anni tutto è peggiorato in maniera allucinante: non riconosci più dove ti trovi, non riconosci più dove ti sei allenato l’anno precedente. Adesso, per raggiungere l’impianto di risalita, devi camminare perché non c’è più la neve».

Nadia Tiraboschi, 55 anni, alpinista e guida alpina di Oltre il Colle, una vita tra vette e ghiacciai, dal Nepal al Sudamerica, dall’Africa alle Alpi.

Com’è cambiata la sua professione in questi anni, come è cambiata e come vede il futuro della nostra montagna?

«Sono quasi trent’anni che faccio la guida alpina e se all’inizio della professione “andavo a 100 all’ora” in tutti i campi in cui la guida possa proporsi, dall’alpinismo ad alta quota, alle cascate di ghiaccio, all’arrampicata libera, ora ho selezionato alcuni ambiti di lavoro preferenziali. Ne sono esempi la mia ideazione e realizzazione della Ferrata Maurizio sulla parete nord del Monte Alben, l’attrezzamento del torrente Fiume Nero in alta Valseriana per l’attività di torrentismo (canyoning), così come la recente richiodatura in stile sportivo della mia prima via d’arrampicata, la Via dei Cugini sulla parete Nord del Monte Arera. Quelle che una volta erano solo idee nella mia testa sono ora diventate una risorsa turistica non indifferente per le valli bergamasche. Anche se il 90% della mia professione si svolge al di fuori della regione».

Molti in questi ultimi anni hanno riscoperto la montagna, anche a causa del Covid. C’è chi viene a viverci e ci sono nuovi escursionisti. Un’opportunità da sfruttare, come?

«Recentemente ho notato alcune famiglie che si sono trasferite nei nostri paesi, ma sinceramente non credo che il Covid ne fosse la ragione principale. Forse era più semplicemente arrivato il momento di cambiare stile di vita, abbandonando le grandi città e le loro dinamiche. Se da una parte le persone stanno iniziando a ricercare stili di vita più sostenibili, dall’altra non credo siano però disposte ad abbandonare i vantaggi e le comodità offerti dalle città stesse. Per questo motivo penso che non sia sufficiente far conoscere le bellezze delle nostre montagne perché la gente possa decidere di trascorrerci periodi più o meno lunghi, ma sia necessario investire di più sui servizi alla persona. Pensiamo ad esempio al collegamento della fibra ottica per Internet veloce in tutti i paesi montani. Questa è a mio parere una grande occasione da sfruttare e pubblicizzare il più possibile, in modo tale che più persone possano prolungare la loro permanenza nelle seconde case, combinandola magari con il telelavoro».

Le interviste complete su L’Eco di Bergamo di lunedì 26 settembre.

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