Laghi sulle Orobie quasi a secco
Restano solo i lastroni di ghiaccio - Foto

Come da tendenza ormai consolidata in questi ultimi anni si profila un altro inizio inverno assai deficitario dal punto di vista delle precipitazioni. Le conseguenze di queste anomalie climatiche sono molteplici.

Se le aree di pianura stanno facendo registrare giornate con valori eccessivi di concentrazione degli agenti inquinanti quelle di montagna guardano invece con preoccupazione alla disponibilità sempre minore delle riserve idriche. Fiumi e torrenti non si sono infatti «zittiti» in seguito alla loro naturale glaciazione ma come conseguenza della riduzione, quasi totale, della portata.

E poi, al di là dei dati statistici, assumono grande valenza le testimonianze delle persone più anziane quando affermano di «non avere mai visto quella sorgente asciutta o il fiume in secca per un periodo così lungo».Non fa eccezione Valgoglio, la terra dei Cinque laghi. Nero, Aviasco, Campelli, Cernello e Sucotto che richiamano ogni anno centinaia di escursionisti su questo itinerario ad anello dell’alta Val Seriana in una zona ricca di acqua.

Ma la carenza di piogge sta ormai mostrando i suoi effetti anche in alta montagna, dove l’ultima precipitazione nevosa di una certa consistenza risale alla fine di ottobre. Di quella coltre bianca, oltre un metro alle quote più elevate delle Orobie, è rimasto ben poco: solo qualche centimetro sui versanti a nord e ormai diventato ghiaccio a causa delle marcate escursioni termiche registrate tra il giorno e la notte. Ghiaccio, in lastroni enormi, è tutto quel che rimane anche nella gran parte dei bacini.

Questo, una volta venuto a mancare il supporto inferiore dell’acqua, è collassato adagiandosi sul fondo roccioso dell’invaso conferendogli un aspetto quasi lunare. In lontananza balza invece subito all’occhio la striscia di neve artificiale che sembra quasi farsi fagocitare dal verde delle abetaie di Spiazzi di Gromo e, poco più a ovest, la chilometrica catena degli Appennini; in mezzo solo la foschia che avvolge i centinaia di paesi della Pianura Padana. Le temperature notturne inferiori agli zero gradi e l’azione del vento sono invece un binomio che può portare alla formazione di candele e sculture di ghiaccio di notevoli dimensioni sulle cascate di acqua.

È il caso del piccolo rivolo che precipita della sommità del triplice salto del Serio e che, trascinato dalla forza del vento, si deposita anche a decine di metri di distanza. La loro vita è però assai effimera poiché, con l’arrivo del sole, tutto si sfalda, precipita verso valle causando fragorosi boati che si possono udire anche a chilometri di distanza. Lo stupore è però tutto dei pochi escursionisti che risalgono il sentiero invernale in direzione del rifugio Curò poiché camosci e stambecchi, che pascolano nelle vicinanze, sono ormai abituati a questo fenomeno che può manifestarsi a cadenza quasi giornaliera.

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