Il laghetto scomparso di Valverde
Pista naturale dei primi pattinatori

di Emanuele Roncalli

C’era una volta il laghetto di Valverde. E la pista di pattinaggio quando il laghetto ghiacciava. Se anche voi avete vicende enigmatiche o luoghi dimenticati da segnalare scrivete a: [email protected]

«Tornano dopo quattordici anni i pattinatori sulla pista ghiacciata di Valverde». Correva l’anno 1955 e su L’Eco di Bergamo strillava fra le «Ultime di sport» il roboante, clamoroso, annuncio del vernissage di un angolo di «Bergamo on ice».

Non una pista qualunque, bensì un vero e proprio laghetto ghiacciato «con annessi tutti i servizi adeguati».

È una storia singolare quella dello specchio lacustre di Valverde. Una storia dimenticata appunto, della quale rimangono poche righe di storia locale e foto ormai sbiadite dell’archivio Lucchetti. Gino Pecchi nel suo «Valverde e dintorni- Valtesse ieri e oggi» a cura del Centro ricreativo di Valtesse per la Terza età (11998) ripercorre la vicenda.

«Nella valletta tra il Pianone e la frazione Gallina, poco sopra via Valverde, c’era fino alla fine degli anni Cinquanta un laghetto artificiale. La valletta è molto fresca e in inverno il laghetto restava gelato per molto tempo e veniva usato come pista per il pattinaggio».

«Venivano molte persone anche dalla città, soprattutto giovani e ragazze, ma anche ragazzette e bambine - spiega Pecchi -. Il mezzo di trasporto utilizzato era soprattutto la bicicletta. Il servizio di pattinaggio era organizzato e custodito. Vi era anche una casetta per il bar e per l’organizzazione. La pista era illuminata. Venivano a pattinare i bravi, muniti di pattini per il ghiaccio, ma anche coloro che pattinavano un po’ alla buona. Le foto degli Anni Trenta e degli Anni Cinquanta fanno vedere gli uni e gli altri».

«Gli anziani di Valtesse e di Valverde raccontano che da ragazzi, durante la stagione invernale, si recavano molto spesso nella zona del pattinaggio. Alla sera, al termine dell’attività sulla pista, aiutavano il gestore a gettare l’acqua sul laghetto, che poi durante la notte sarebbe gelata e così si rifaceva il manto della pista». «Durante il giorno, invece, - aggiunge l’autore - aiutavano i ragazzi di città, portati al pattinaggio dalle madri, a fare i primi passi sulla pista e in compenso rimediavano qualche mancia. Circostanza assai gradita in un tempo piuttosto avaro di possibilità. In estate i ragazzi della zona facevano il bagno nel laghetto. L’acqua però si intorbidiva presto a causa della poca profondità e del fondo terroso».

Il laghetto esisteva già negli anni Venti tanto che su L’Eco di Bergamo del 14 gennaio 1929 si legge: «Belle, gaie volate sul ghiaccio! Scrosci di risate che echeggiano nella valletta, capitomboli. Sotto la luce dei riflettori la pista brilla come un pavimento di madreperla. I novellini si guidano a brigata, un braccio qua, uno là. Il campione, in mezzo alla brigata, trascina. Ordine e eleganza: maglia, golf, calzettoni, pellicce, sciarpe, berrettoni. Tutte le fogge e tutti i colori: dal rosso sangue al cobalto mare, dal bianconero al giallo limone. Tutta una tavolozza sgargiante e festosa».

L’inaugurazione della rinnovata pista del ghiaccio si svolse agli inizi del febbraio 1955. Tutto era nato da tal Gino Amati, che aveva trasmesso la sua passione a un gruppo di giovani orobici che trascorrevano la domenica al Palazzo del Ghiaccio di Milano. Da lì a poco si decise di fare qualcosa nella nostra città e così nacque il «Gruppo Pattinatori Bergamo» che dopo qualche volteggio e capitombolo si fece anche valere con giovani campioni.

Ma a Bergamo c’era anche un altro luogo dove praticare pattinaggio sul ghiaccio. All’inizio del Novecento scrivono Frattini e Ravanelli nel libro «Il Novecento a Bergamo Cronache di un secolo» (Utet) i giornali annunciavano «: Lo sferisterio di Sant’Agostino è stato tramutato in gioiosa patinoire per il divertimento non soltanto dei signori pattinatori, ma anche delle gentili signore. È offerta ogni comodità compreso il servizio per il cafè. E anche si sera grazie alla luce elettrica è possibile scivolare sulla lucida platea al suono di un’orchestra».

Questo il resoconto di un cronista della Gazzetta provinciale di Bergamo ( 29 gennaio 1906): «Ho partecipato anch’io con voluttà allo spettacolo lanciandomi sul ghiaccio, scivolando a volte dolcemente, a volte cadendo e cozzando. Ho preso parte attiva, con il pubblico, alle risa, al chiasso, agli strilli di chi si urtava e cadeva da soli o gli uni sugli altri. Ma ho ammirato anche eleganti coppie, degli splendidi lancés, ho applaudito graziose pattinatrici nelle eleganti acconciature invernali nelle loro lunghe catene nei caroselli, nei ponti, nei treni, nelle stelle. Oh, quanto mi sono divertito». Per i più temerari c’era, c’è sempre stato, il lago d’Endine, ma questo è un altro capito.

Di tutto ciò, come detto, rimangono oggi alcune rare fotografie. Dall’archivio Lucchetti c’è anche un’altra sorpresa. Un’immagine che ritrae un gruppo di sciatori - almeno una ventina - cimentarsi su una leggera discesa. Un fondovalle? Un pianoro? Tutt’altro, un’altra pista di casa nostra. A Valtesse, sulla collinetta alle spalle della Rocca: lì un tempo si cimentavano campioni di belle speranze, semplici amatori di uno sport popolarissimo. Che almeno dalle nostre parti non è mai tramontato.

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