La magia delle grotte di Bedulita
Senza barriere per i disabili

Ci sono passioni che non conoscono barriere. Che sono così contagiose che fanno sembrare facili anche le cose più difficili. Come, per esempio, far visitare a un ragazzo disabile la grotta Europa, una meravigliosa cavità naturale che si apre dopo venti metri di cunicolo che si attraversa solo strisciando.

I volontari di «Diversamente speleo» regalano (e si regalano) questi momenti indimenticabili a chi, con le proprie forze, mai potrebbe farlo. Aldo Gira, 56 anni, meccanico di Dalmine e nel Soccorso alpino speleologico, è uno dei «Diversamente speleo», progetto nato in Italia nel 2011 da un gruppo di amici che ha creduto fosse possibile far condividere il loro mondo «a chi vede la propria vita tutti i giorni costellata di difficoltà e barriere», si legge sul sito www.diversamentespeleo.org.

«Gli organizzatori tra Bergamo e Brescia sono meno di una decina – spiega –. Tutto da noi è cominciato nel 2013, con la prima uscita in grotta con un ragazzo della zona del lago d’Iseo». Come per Marco, il bimbo di 10 anni di Lentate sul Seveso (Monza Brianza) che nelle scorse settimane è stato accompagnato dentro le viscere della terra, anche per quel giovanotto con un’enorme voglia di esplorare, la prima discesa è stata nell’Europa, a Bedulita.

Il programma? Camminata nel bosco, tutti insieme («con Marco eravamo in tutto una ventina») fino a raggiungere l’imbocco della grotta. Marco ci è arrivato in groppa ai suoi nuovi amici speleo «e all’inizio era intimorito, ma hanno trovato il modo per farlo star bene – spiega mamma Roberta –, facendogli ascoltare la sua musica». E così, con gli Acdc sparati nelle orecchie, Marco issato sulla barella ha fatto il suo ingresso da quella minuscola apertura (100 centimetro per 40) dalla quale si avanza poi per 6/7 metri in orizzontale.

Sopra la sua testa, mentre Aldo, Savina e i loro amici gli stavano tutti intorno, superato un gradone di un metro e una strettoia lunga due, finalmente si apre la grande sala. «Marco era emozionatissimo – racconta la sua mamma –, felice. Toccava le luci dei caschetti, le rocce, mentre gli speleo lo inondavano di carezze». Lui non parla e cammina a stento per una malattia genetica rara, scoperta quando aveva un anno. Ma non è stato difficile capire la gioia che gli veniva regalata da quei laghetti sottoterra e da tutti quei depositi di calcare dalle forme più strane.

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