Sci fermo, perdite per 90 milioni di euro
e in 7.000 senza lavoro. «Servono ristori»

L’Associazione degli impiantisti ora chiede aiuti adeguati. Migliorati di Castione: l’indotto fino a Clusone. Carletti di Foppolo: alcune attività non riapriranno più. Fossati di Valtorta: dietro al settore migliaia di famiglie.

Lo sci inizia a fare i conti. Purtroppo quelli delle perdite, e non dei guadagni come avveniva invece a ogni stagione.

Le prospettive di riapertura sembrano essere ridottissime e se anche dal 16 febbraio le seggiovie dovessero girare ormai tre quarti del fatturato se ne sarebbe già andato in fumo.

«Una situazione drammatica», è il commento che arriva non solo da gestori e proprietari degli impianti di risalita, ma da tutti i settori della filiera e dagli amministratori della montagna. Quella montagna, anche orobica, che con l’inverno e il settore sci vive.

A casa 640 maestri di sci

I numeri: stando alle stime dell’Anef Lombardia, l’Associazione degli esercenti funiviari, il fatturato medio stagionale degli impianti di risalita della nostra regione è di circa 80 milioni di euro. L’indotto generato dalle stazioni di sci, invece, è intorno al miliardo di euro. Circa 70 mila i posti di lavoro, tra addetti del settore e connessi, che la neve genera.

Tradotti nella nostra provincia (che, sugli impianti, porta circa un decimo delle presenze regionali), si tratta di otto milioni di euro di fatturato perso per gli impiantisti e 90-100 milioni di euro per l’indotto. E una stima di 7.000 posti di lavoro . Solo Pora e Presolana hanno un fatturato medio stagionale di tre milioni di euro, con un indotto calcolato in 30 milioni di euro.

A questo punto anche gli operatori iniziano a pensare ai ristori. Le stazioni sci stanno fornendo i bilanci ad Anef, di modo che il Governo possa rendersi conto delle perdite. Anche se da tali conti, per ora, resterebbero fuori tutte le attività della filiera, dai maestri di sci (sono 640 in Bergamasca) agli affitti, dalla ristorazione ai negozianti.

«Gli impianti del monte Pora - dice il sindaco di Castione Angelo Migliorati - generano un fatturato di tre milioni di euro e un indotto di 30 milioni di euro, indotto che arriva a farsi sentire fino all’Altopiano di Clusone. La perdita è notevole e per le nostre comunità la situazione è veramente difficile. L’indotto è praticamente scomparso, abbiamo davanti mesi molto difficili, anche da un punto di vista sociale. Molti di questi lavoratori sono solo stagionali. Arrivati a questo punto, ormai, ci è difficile pensare che si possano riaprire gli impianti».

«Ho aspettato fino all’ultimo decreto, nella speranza che il 18 gennaio potesse essere il nostro giorno - scrive il sindaco di Foppolo Gloria Carletti -. Il giorno della ripartenza del circolo bianco, il mondo neve, fermo ormai dal 7 marzo 2020 e forse l’unico che da quella data non ha mai più riaperto e chissà ancora per quanto tempo. I professionisti di questo settore non chiedono altro che poter lavorare, perché lo sci oltre ad essere uno sport e un divertimento, è un lavoro che fa parte di un’intera filiera, con numerosissime attività complementari (impianti, noleggi, ristoranti, bar, rifugi, alberghi). In Italia ci sono circa 400 mila persone e quindi famiglie dietro a tutta questa incertezza, che non ce la fanno più e chiedono giustamente certezze e sostegni economici. È una situazione drammatica e la crisi che sta attraversando il nostro comparto è senza precedenti e difficilmente recuperabile. Avremo attività che purtroppo chiuderanno e non riapriranno più, andando a compromettere il settore economico delle aree montane e turistiche. Le uniche parole per descrivere quello che stiamo vivendo in questo momento sono desolazione, sconforto, tristezza, delusione, arrabbiatura. L’aspetto positivo e un po’ confortante è sempre la bellezza delle montagne ricoperte dalla neve e pensare che prima o poi - speriamo prima - torneremo anche a viverle come piace a noi».

Aperte le piste di fondo

«L’auspicio di tutti - aggiunge Massimo Fossati, presidente dell’Anef Lombardia e amministratore del comprensorio di Valtorta-Piani di Bobbio - è che ci siano i ristori e che siano adeguati alle perdite. Come impiantisti non ci resta che stare a guardare, difficile prendere posizione. Ci dispiace che appena protestiamo per tale situazione ci viene detto che dello sci si può fare a meno. Ma lo sci non è solo divertimento. Dietro al settore ci sono migliaia di famiglie che lavorano e vivono di questo lavoro».

«Siamo chiusi dal 7 marzo scorso - continua Fossati - gli unici in tale situazione. Quindi non può essere certamente addebitata a noi qualsiasi causa del contagio».

Le stazioni sci restano quindi a guardare cosa succederà da qui al 15 febbraio, data finora stabilita di chiusura. Magra consolazione è la grande quantità di neve scesa che, finora, sta garantendo la fruibilità delle piste di sci nordico, da Oltre il Colle a Roncobello, da Branzi a Schilpario.

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