Albino, l’arte di Cesare Rossi
torna alla Ripa: fu la sua casa

«Ci sono luoghi e persone che si attraggono reciprocamente. La Ripa era il luogo giusto perché Cesare esprimesse ciò che voleva dire. Lì ha vissuto bene, quell’ambiente ha facilitato il suo immergersi nel lavoro, lì ha ricominciato a dipingere». Sei dei suoi dipinti, nati proprio nell’ex convento, tornano a casa, nel ricordo di un artista preciso e raffinato: Cesare Rossi.

Tendeva la tela, a volte di fretta, lasciando pieghe e arricciature sul retro. L’inumidiva, il panno si tendeva liscio e senza grinze, poi iniziava l’incontro-scontro. Atteso, irrimandabile. L’artista che restava lì fermo a guardare lo spazio vuoto della tela, anche per lungo tempo. Prendeva un pastello a olio o il pennello. I primi gesti ampi, segni leggeri, una scrittura complessa di campi e strutture serrate. Per ore, il jazz nell’aria. Là, fuori dai tre grandi studi ricavati nell’ex convento quattrocentesco, il verde del monte Rena che esplode, i colori di un paese sempre più città e lì, dentro le mura della Ripa, secoli di storia racchiusi in chiostri e giardini. Ispirazione pura.

Sei delle opere prodotte da Cesare Rossi alla Ripa torneranno là dove sono nate. La moglie Luisa Balicco, anch’ella artista, ha deciso di donarle alla Cooperativa sociale La Fenice – che nell’ex monastero ha posto il quartier generale di Diaforà, il centro di studio, ricerca e formazione sulla differenza – perché possano abbellire gli spazi comuni dell’ala trasformata in ostello. Qui con il marito Cesare (Cerreto Grue 1942-Bergamo 1988) , Luisa Balicco aveva condiviso 12 anni – dal 1975 al 1987, gli ultimi dell’esistenza del pittore sperimentatore prima della prematura scomparsa, lui raffinato ed estremamente colto –, qui ora lo fa «volare via» insieme ai suoi olii. Domenica 8 maggio alle 18 la cerimonia di donazione, alla presenza del critico d’arte Enrico De Pascale.

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