Non luogo a procedere per Piffari
Reati prescritti per i bed&breakfast

Sul caso dei famosi bed&breakfast, il giudice Vito Di Vita ha deciso stamattina, mercoledì 13 luglio, il non luogo a procedere nei confronti di Sergio Piffari,ex parlamentare dell’Idv ed ex sindaco di Valbondione, in quanto il reato è estinto per intervenuta prescrizione. Ma si sapeva già.

L’ultimo episodio di presunta truffa che aveva resistito alla scure della prescrizione aveva cessato di essere perseguibile a fine ottobre, mentre i reati fiscali erano decaduti all’inizio del 2016. Sarebbe un inutile spreco di energie e risorse celebrare un dibattimento che inevitabilmente si sarebbe concluso con l’assoluzione degli imputati per intervenuta prescrizione: lo aveva anche detto una direttiva del presidente del tribunale Ezio Siniscalchi.

Così il giudice Di Vita nello scorso ottobre aveva aggiornato l’udienza del processo a carico di Piffari e di altre 5 persone proprio a oggi, quando tutti i reati sono finiti fuori tempo massimo. La vicenda riguarda i finanziamenti europei che Piffari e i suoi parenti avrebbero ottenuto, secondo l’accusa indebitamente, dalla Comunità Europea tramite la Regione per trasformare alcune abitazioni in altrettanti bed&breakfast a Lizzola, frazione di Valbondione. L’inchiesta era partita da un servizio di «Striscia la Notizia», trasmissione televisiva di Canale 5, allertata da una segnalazione.

Dopo il filmato era scattato un accertamento da parte della Finanza: verificando la documentazione relativa sia ai fondi sia alle attività dei B&B, gli inquirenti avrebbero scoperto l’utilizzo di fatture alterate. In più, secondo le contestazioni, a Sergio Piffari sarebbe mancato il requisito della residenza a Lizzola, sede dell’attività.

Era il 2012 e già allora si intravedeva il rischio di prescrizione, essendo i fatti databili fra il 2006 e il 2007. Il pm Franco Bettini era riuscito a chiudere l’inchiesta e ad arrivare all’udienza preliminare nel 2014. In quella sede il gup Giovanni Petillo aveva dovuto falcidiare per intervenuta prescrizione gran parte dei capi di imputazione, tra cui quelli relativi a 4 richieste di fondi per un ammontare di 396.620 euro.

Avevano resistito solo una presunta truffa da 98.500 euro e una serie di reati fiscali dovuti alle false fatturazioni per i quali erano stati rinviati a giudizio, a vario titolo, lo stesso Piffari, la moglie Bernardina Semperboni, i due nipoti Laura Piffari e Dario Conti, e i due imprenditori Vittorio Bellini e Bernardo Piccini, accusati di aver emesso fatture false per consentire ai Piffari di dimostrare l’inizio dell’attività e di poter così partecipare al bando per i fondi. Gli indagati hanno sempre respinto le accuse.

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