Una panchina per tanti
e una scelta difficile

Dice il tifoso medio: basta, vogliamo sapere. Un nome, poi un altro, poi un altro ancora. Ogni giorno un «favorito» diverso per la panchina dell’Atalanta. Fosse semplice, sapere. Il fatto è che Zingonia è una campana di vetro, in questi giorni. Mille, duemila telefonate non bastano per farsi un’idea chiara. C’è chi sa, ma ovviamente non dice.

C’è chi millanta, per far credere che sa. C’è chi parla, ma non sai se sa, se millanta, se spera o se mente sapendo di mentire. E c’è persino chi depista. Forse nemmeno il campione mondiale di 007 saprebbe dire, oggi, chi sarà il prossimo allenatore dell’Atalanta.Il «risiko» delle panchine l’abbiamo già spiegato e rispiegato. Manca solo il battito d’ali di farfalla in Nuova Caledonia, poi gli effetti a cascata sarebbero completi. Ma se proviamo a porci nei panni di chi deve decidere, forse comprendiamo perché tutto è tanto complicato, e perché questa attesa – che in realtà dura solo da una manciata di giorni – in verità sembra lunghissima.

È evidente che l’Atalanta aveva intenzione di cambiare l’allenatore. Non è una supposizione: è una verità. Ed è evidente che l’intenzione muove dalle 14 partite senza vincere e magari dalla voglia, ma anche dalla necessità, di avviare un ciclo almeno di medio termine. Due dati che portano – o portavano - dritti al «divorzio» da Edy Reja. Poi però, la frenata. Perché comunque Reja quando ha avuto la squadra «in ordine» ha mantenuto una media punti di tutto rispetto, e il pubblico mediamente si è divertito. In più ha un ottimo rapporto con città e tifoseria, s’è distinto per uno stile sempre inappuntabile, squadra e staff gli vogliono bene. Insomma: avesse dieci – ma anche cinque - anni di meno, sarebbe da confermare. Però Reja ha l’età che ha, firma contratti di anno in anno e probabilmente con la sua esperienza chiede non chissà quali garanzie tecniche, ma quel che basta per lavorare sereno, senza troppo stress da salvezza col fiatone. Un altr’anno glielo si potrebbe accordare, ragionando fin qui.

Ma attenzione, perché se torniamo nei panni di chi deve decidere, l’affare si complica. Provate a guardare il panorama delle panchine. È complicato al punto che l’abbiamo definito un risiko. E però, un panorama così è anche una grande occasione. In questi giorni l’Atalanta ha una facoltà di scelta che si sognava l’anno scorso (Maran, Gasperini e Pioli, per dire, non erano in vetrina), e che probabilmente non avrebbe fra un anno. In sintesi: oggi, se sei bravo e se hai «argomenti» convincenti, puoi scegliere quel che più fa per te. Se aspetti un anno, affidandoti nel frattempo alle garanzie che senza dubbio Reja offre, magari non avrai più una gamma di tecnici tanto vasta in cui pescare. Ce ne saranno di sicuro altri validi a spasso, ma mentre si sa con certezza quel che c’è adesso, ovviamente non si può prevedere cosa offrirà il mercato fra un anno.

L’alternativa c’è, ed è la via seguita dall’Udinese: ne scelgo uno libero subito, mi ci fiondo con un blitz e mi tolgo il problema. L’Atalanta forse ci ha provato con Prandelli, ma, come dicono a Napoli, probabilmente «nun è cosa». Stentiamo a credere, però, che un Prandelli tanto desideroso di rientrare (e di rientrare soprattutto a Bergamo) ponga condizioni tecniche e contrattuali che «naturalmente» lo mettono fuorigioco. È probabile che da entrambe le parti sia mancato (finora, poi mai dire mai) lo sprint necessario per ritrovarsi definitivamente. Ma è chiaro che una scelta del genere è talmente delicata che finché (da un lato o dall’altro) persistono dubbi, è meglio non farla.

Ecco: vista nei panni di chi deve scegliere, la decisione è davvero difficile. Ogni allenatore si porta dietro pro e contro, poi magari basta un dettaglio a far saltare un accordo che sembrava fatto. Portiamo, e portate pazienza, se sembra tanto lunga: non può che essere per il buon futuro dell’Atalanta.

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