A Bruxelles da più di 20 anni
con i Grandi d’Europa

Se si vuol capire da vicino cosa sia l’Europa comunitaria nella sua traduzione pratica, come funzioni questo universo tanto citato e criticato quanto impalpabile ai più, quale sia il gradimento dell’Italia, l’uomo giusto è Alberto Mazzola, bergamasco di Villa d’Adda. Quello che, per così dire, è il «nostro inviato speciale» nel reticolo di palazzi e uffici che occupa un bel pezzo di Bruxelles è il responsabile affari internazionali-istituzionali di Ferrovie dello Stato Italiane. Ed è pure il decano, per anzianità di servizio, dei rappresentanti delle aziende italiane. «A parte il clima, qui si vive bene: è un ambiente stimolante e interessante», dice questo ingegnere nucleare di 60 anni, a Bruxelles dal ’95 con la famiglia, che ci parla dall’Europarlamento, ambiente che frequenta quotidianamente.

Poliglotta, spesso in giro per l’Europa, ha incrociato in Parlamento grandi personaggi e tutti i leader che contano, come Papa Francesco, Helmut Kohl, Romano Prodi, Angela Merkel. Nella sua biografia c’è posto anche per un mandato da sindaco Dc di Villa d’Adda, quando era un giovanotto. Un lascito che, casualmente, ha incontrato più tardi l’allora commissario europeo Filippo Maria Pandolfi: «Mi voleva con lui a Bruxelles, ma io lavoravo a Roma. Sono stato parecchie volte nel suo ufficio e tutti gli anni gli mando gli auguri». Laurea al Politecnico di Milano, un anno di lavoro come ingegnere nucleare, poi un master in gestione aziendale e quindi l’incarico in Finmeccanica, a Roma, per seguire le strategie delle aziende del gruppo negli Usa.

Lo sbarco nella capitale belga sempre sotto le insegne di Finmeccanica e nel 2002 il passaggio a Ferrovie Italiane. Mazzola vive nel mondo internazionale che conta, a contatto con i grandi burocrati della macchina europea, a partire dagli «sherpa», come in gergo vengono definiti i componenti la tecnocrazia al seguito dei leader. Il suo lavoro consiste nell’interloquire con tutte le istituzioni europee (Europarlamento, Commissione, Consiglio): «Bruxelles è al contempo un osservatorio privilegiato e la macchina di regìa, perché quasi tutta la normativa economica, e in particolare quella del mio settore, viene decisa qui. Norme di accesso al mercato, standard tecnici, licenze e certificati di sicurezza, regole della concorrenza, liberalizzazioni».

Burocrazia solitamente destinataria di critiche per il suo gigantismo, ma il professionista bergamasco restituisce il senso delle proporzioni: «La macchina è un po’ pesante, ma c’è la certezza del diritto. Un provvedimento legislativo di un certo peso impiega circa tre anni per arrivare a conclusione, ma in ogni caso si è sicuri che sarà approvato, è quindi importante essere attenti e attivi. La burocrazia c’è, ma le cose si fanno». Mazzola parla con cognizione di causa, tanto più che è stato appena nominato presidente nel Comitato sociale ed economico dell’Ue (dove siede un altro bergamasco, Antonello Pezzini) del gruppo per gli accordi internazionali, Brexit compresa. Contrariamente a qualche luogo comune, l’Italia a Bruxelles ha il suo peso: «Siamo simpatici, ma il punto evidentemente non è questo. Siamo un grande Paese e abbiamo un ottimo sistema d’imprese, ma un’amministrazione statale che fatica a tenere il passo. I francesi, da questo versante, sono i primi della classe e, del resto, tutta la struttura comunitaria deriva da quel modello. Gli spagnoli sono molto orgogliosi. I tedeschi contano, eccome. Io lo spiego sempre ai miei colleghi: quando discutiamo con loro, dobbiamo essere più tedeschi dei nostri interlocutori. Abbiamo bisogno di essere maggiormente presenti a Bruxelles: conti se ci sei. Se siamo convinti delle nostre ragioni, dobbiamo sederci al tavolo e, soprattutto, tenerlo. È il tasto sul quale insiste il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani».

«Tajani – continua Mazzola – è molto bravo, un uomo che mantiene sempre i piedi per terra, concreto e aperto alle proposte che giungono dall’Italia. Lo stesso vale per Prodi quando era alla presidenza della Commissione». Bruxelles è un crocevia sensibile anche per le nostre Ferrovie, in quanto gran parte della piattaforma programmatica è l’esito di relazioni e normative che si costruiscono nelle stanze bruxellesi. Il tocco è felpato, ma l’impatto va subito al sodo: un gioco non facile. Ferrovie dello Stato, nella comparazione europea, esce a testa alta. Abbiamo la migliore Alta velocità in termini di qualità, prezzi (bassi) e frequenza. Un esempio: tra Milano e Firenze dalle 9 alle 13 transitano 23 treni, là dove tra Parigi e Lione (l’altra linea più importante) ne passano 6. Mazzola è soddisfatto di come stanno andando le cose e, per certi versi, comincia il tempo della nostalgia. Nostalgia dei Grandi, per intenderci. Ce ne sono, certo, in tempi pur tempestosi per questa Europa, ma il bergamasco ha avuto a che fare con protagonisti che hanno segnato la storia continentale e delle relazioni internazionali. Un nome su tutti: Kohl, il cancelliere della riunificazione: «Me lo ricordo bene, veniva spesso a Bruxelles. Si capiva da come parlava, da come si muoveva in un ambiente che sentiva familiare, che aveva alle spalle una chiara idea europeista».

Mazzola ora è costretto a lasciare l’Europarlamento, perché deve prendere l’ennesimo treno (o aereo). C’è giusto il tempo per un affresco ambientale di Bruxelles. Buona qualità della vita, i costi sono più cari che da noi con l’eccezione delle case. Per uno che lavora dalla mattina alla sera, i ritagli domestici sono una conquista del fine settimana. Ci sono poi le radici da restituire continuamente a nuova vita: l’Associazione dei bergamaschi con un centinaio di iscritti, il sodalizio dei lombardi e un gruppo d’iniziativa italiana, di cui Mazzola è vice presidente, in rappresentanza di tutte le imprese, gli enti e gli studi professionali del nostro Paese che hanno uffici a Bruxelles. Incontri a cena, appuntamenti alle feste comandate, ritrovi serali quando si può. «Io e i miei colleghi di altre aziende – conclude – dobbiamo difendere l’italianità in un contesto dove servono alte competenze e un certo pragmatismo relazionale. Italianità e bergamaschità, sì, ma che poi si integrano in una cornice cosmopolita. Lo stimolo di Bruxelles sta proprio in questo effetto moltiplicatore, dove ciascuno mette in gioco la propria nazionalità miscelandola nelle opportunità che offre una società aperta, frequentata dal bel mondo della politica e della tecnocrazia. Un ambiente che ti spiazza se non sei in grado di correre, perché – contrariamente a quel che si pensa – ha lo sguardo lungo sul domani. Il bello di stare qui è che capisci dove va il mondo e ti senti cittadino europeo».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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