«Ho 23 anni, vivo in Brasile
Voglio la doppia laurea»

Viaggiando si impara. Si impara, ad esempio, a liberarsi dagli stereotipi. Prendiamo il Brasile: basta la parola per evocare interminabili spiagge gremite di ragazzotti che se la spassano sotto il sole mentre palleggiano come Pelé, staccando gli occhi da quella sfera di cuoio soltanto per posarli su giunoniche connazionali cloni di Gisele Bundchen, che di lì a poco saranno catapultate sulla passerella di Victoria’s Secret.

Niente di più sbagliato. Chiedetelo a Thomas Fassi, 23enne di Seriate, che da inizio 2016 vive a San Paolo per specializzarsi in Ingegneria ambientale all’Usp (Universidade de São Paulo): uno degli atenei più grandi al mondo, con i suoi 75 mila iscritti, nonché il migliore in America Latina per il «Times higher education», periodico britannico che ogni anno stila la classifica delle eccellenze sul fronte accademico.

Il biennio della specialistica

Thomas è uno dei tanti studenti italiani che decidono di dare un’impronta internazionale a quel «pezzo di carta» che un giorno appenderanno alle pareti dei loro studi. Lo ha fatto partecipando a un progetto che va ben oltre l’Erasmus: si chiama «programma di doppia laurea» (o «double degree»). «In pratica si trascorre il biennio della specialistica in un’università partner all’estero. A conclusione di questo periodo discuterò la tesi: rientrato al mio ateneo, il Politecnico di Milano, mi basterà aggiungere 60 crediti - corrispondenti a un anno - e ridiscutere la tesi per conseguire il titolo di dottore magistrale anche in Italia». E così le pergamene da incorniciare diventeranno due, ma soprattutto avrà la strada spianata per inserirsi in un mercato del lavoro sempre più cosmopolita.

La «Milano brasiliana»

Ma torniamo ai luoghi comuni, perché Thomas li demolisce uno a uno, a partire dal clima. «Benché San Paolo disti appena 70 chilometri dal mare, si trova su un altopiano a quota 800 metri: è uno dei luoghi più freddi e piovosi del Paese, al punto che capita di non vedere il sole per settimane. È una città molto europea, improntata sugli affari e lo studio: insomma, è la Milano brasiliana. E la gente si dà da fare: zero ozio, parecchio lavoro».

Il calcio con poca tattica

Negli anni in cui frequentava con profitto il liceo classico Federici di Trescore Balneario (dove si è diplomato nel 2012 con 87/100) il ragazzo militava nelle giovanili dell’Aurora Seriate. Automatico che appena atterrato in suolo carioca smaniasse dal desiderio di cimentarsi su un campetto. «Per sei mesi sono stato centrocampista nella squadra dell’università: un’esperienza deludente. Sono bravissimi a palleggiare, fanno dei numeri pazzeschi, ma il loro è un gioco che si riduce alla prestanza fisica: manca totalmente di intelligenza tattica, organizzazione e spirito di squadra. Così ho smesso col calcio, ma non mi sono fatto mancare qualche partita sugli spalti del Palmeiras, il team di San Paolo, fondato un secolo fa da immigrati italiani: sì, perché almeno metà della popolazione locale proviene dal sud e dal nord-est del Bel Paese», aggiunge.

Le Olimpiadi

Da buon sportivo, non si è lasciato scappare l’occasione di andare a tifare azzurri alle passate olimpiadi di Rio de Janeiro. «La città era diversa da come appare usualmente: molto pulita, ordinata, sicura. Del resto pullulava di forze dell’ordine. La sola nota dolente della mia permanenza sono state le performance della nostra nazionale sul fronte del ciclismo e della pallavolo femminile».

Il mondo femminile

E, poi, c’è il mondo femminile. «Non lo dico per piaggeria, ma sono più belle le donne italiane. Inoltre è difficile approcciarsi alle brasiliane: sono iper-femministe, in risposta al maschilismo imperante nella società latinoamericana; vietato provare a offrire loro da bere: lo interpretano come un gesto svilente e offensivo».

Via dalla monotonia

Ma cosa spinge un ventenne ad abbandonare la tranquilla vita da pendolare sulla linea ferroviaria Seriate-Milano e trasferirsi a 10 mila chilometri di distanza? «Il desiderio di sfuggire alla monotonia attraverso un cambio radicale: non mi ero mai allontanato da casa per più di due settimane e desideravo conoscere una realtà diversa dalla nostra. Ovviamente non parlavo il portoghese, lingua in cui si svolgono le lezioni: ho giusto frequentato un corso intensivo di trenta ore alla vigilia della partenza. Tutto sommato - grazie alla somiglianza con l’italiano - impararlo è stato semplice. Certo, ammetto che spesso invento delle parole che non esistono, a metà tra i due idiomi: capita in sede d’esame, considerato che le prove sono scritte, ma per fortuna i professori sono piuttosto comprensivi. Studio modellistica, urbanistica, trattamento delle acque residue e potabili, difesa del suolo e i “deslizamentos”, ovvero le frane del suolo, che qui sono un fenomeno ricorrente».

La questione sicurezza

Nel Brasile di Thomas non c’è spazio nemmeno per la violenza che fa versare fiumi di inchiostro alla stampa di ogni dove. «Sarà che ho scelto fin da subito di stabilirmi a Vila Madalena - uno dei quartieri più sicuri di San Paolo, con la sua aria un po’ bohémien - e che mi tengo alla larga dalle periferie. La situazione è diversa a Salvador de Bahia e Rio de Janeiro, dove è frequente trovare situazioni di degrado a qualche manciata di metri dai grattacieli lussuosi. La notte posso persino permettermi di passeggiare tenendo il cellulare in mano: cosa impensabile in tantissimi luoghi del Sud America. E mi piace scambiare quattro chiacchiere con la gente del posto, senza timori: i carioca sono le persone più calorose e ospitali in cui mi sia mai imbattuto. Cercano di aiutarti anche quando non capiscono quello che stai dicendo. Una cosa divertente? Nessuno di loro ha mai sentito nominare Bergamo, ma tutti conoscono l’Atalanta. Potere del calcio: la loro ossessione».

«Sto vivendo due vite»

Tra qualche tempo Thomas tornerà a Seriate. Forse aprirà uno studio in proprio e sulle pareti appenderà le sue due lauree: la verdeoro e la tricolore. Ma non saranno quelle due pergamene a renderlo maggiormente orgoglioso quando ripenserà a questi anni. «Grazie a questa esperienza, ora è come se stessi vivendo due vite: ed è una di quelle fortune che non capitano spesso», conclude soddisfatto.

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