«I miei trittici mobili
esposti a Zurigo»

«Cosa sei disposto a pagare per avere ciò che desideri?». È la domanda di sottofondo che da sempre accompagna l’esistenza di Tullio Zanovello, 56 anni, artista poliedrico di origini bergamasche, che lavora e vive a Zurigo. Madre di Gorlago e padre di Padova, per i primi anni della sua vita ha fatto la spola tra la Svizzera, dove viveva in una famiglia svizzera, a cui i genitori lo avevano affidato, e l’Italia.

Questo gli ha permesso di conoscere e imparare diverse lingue, assorbire varie culture e sentirsi sia italiano che svizzero, acquisendo così un bagaglio culturale e una visione del mondo aperta che sono, oggi, alla base del suo lavoro. All’inizio però non è stato facile. «Quando ero bambino e adolescente – racconta Tullio – gli immigrati italiani erano visti come invasori, soprattutto per il lascito della seconda guerra mondiale, e ho avuto delle difficoltà all’inizio. Negli anni poi è cambiato tutto e ora la Svizzera è un paese con un’ottima integrazione e gli italiani oggi sono diventati gli stranieri più benvoluti».

Un’evoluzione avvenuta nel tempo che è il risultato di un cambio di mentalità, che sottende la seconda domanda che, da sempre, accompagna la Svizzera e che ha influenzato l’artista: «Dobbiamo rinchiuderci o aprirci?». «Durante la seconda guerra mondiale – continua – gli svizzeri avevano adottato la tattica di rinchiudersi all’interno, facendo del massiccio del Gottardo un’unica imponente fortezza, per proteggersi dalla morsa di nazisti e fascisti, e per questo poi ci vedevano come invasori, cosa che mi ha influenzato molto nei primi anni della mia esistenza, mentre ora si sono aperti e hanno una politica di immigrazione stupenda, sono diventati una società molto multiculturale». Finito il ginnasio, Tullio si è laureato in Lettere all’università di Zurigo, intraprendendo poi la carriera da scrittore. «Ho deciso di frequentare Lettere – spiega l’artista – anche se fin da piccolo avevo una grandissima passione per l’opera, che mi è stata trasmessa, come quella per la musica e la pittura, dallo zio Franco, di Gorlago, che dipingeva fondali e scenografie teatrali. Nonostante questo mio sogno di diventare compositore operistico – studiavo pianoforte, violino e composizione –, ho pensato di dedicarmi alla scrittura poiché credevo di non potercela fare nel campo musicale». Dopo aver lavorato per anni come scrittore, vincendo anche diversi premi, è arrivata la svolta nel campo della pittura. «Quando scrivevo – continua – dipingevo sempre ciò che stavo raccontando e, dopo che riuscii a vendere alcuni dei miei quadri, avendo visto che con la pittura guadagnavo di più che con la scrittura, ho iniziato a fare entrambe le cose fino a relegare in un piccolo spazio la scrittura». Nel frattempo si è sposato con Silvia, una donna svizzera-tedesca conosciuta a Zurigo, con cui ha avuto due figlie: Cinzia, che oggi ha 22 anni, e Luisa, di 21.

«A poco a poco – racconta Tullio – ho capito che la pittura era la mia strada e ho iniziato a dipingere trittici e polittici. Mi piacciono molto, perché mi permettono di raccontare storie in pittura, fondendo così la pittura e la scrittura, ma ho notato che quest’arte medievale non è più molto capita, così ho provato a sperimentare. Però, un giorno, mentre mostravo uno dei miei trittici a un gallerista cinese, ho messo in sottofondo della musica e lui ne è rimasto entusiasta». Da lì l’idea di introdurre la musica, altra sua grande passione, nelle sue opere. «Ho pensato che la musica aiutasse a capire il racconto della storia dipinta e così ho iniziato a comporre pezzi specifici per i miei trittici che poi vengono suonati dalle orchestre».

Nel 2006, però, una sua esposizione ha venduto pochissimo. «Il mio lavoro non aveva reso come avrei voluto – continua – e mi sono detto che era il momento di fare qualcosa di veramente pazzo e mio, oppure avrei dovuto lasciare quella carriera. Così ho apportato le ultime due aggiunte alle mie opere: le ho rese enormi e automatiche. I miei trittici, ora, sono giganteschi e si aprono automaticamente, grazie alla meccanica, passione trasmessami da mio padre». Dopo 4 anni di lavoro ha esposto le sue prime nuove opere e hanno riscosso un grande successo. «Dopo una mia esposizione mi ha contattato il direttore del museo Sasso San Gottardo, chiedendomi di creare un’opera per loro. Questo museo è un posto speciale, perché è una delle grandi fortezze della seconda guerra mondiale, oggi messa in disuso. Un luogo costruito per rinchiudersi e proteggersi dagli italiani di Mussolini. Inoltre quando facevo la spola tra Italia e Svizzera passavo spesso dal passo del Gottardo che per me era una regione drammatica. Ho pensato che era un cerchio che si chiudeva e non ho potuto rifiutare».

Per il museo ha così costruito, in 3 anni di lavoro, il «Marchingegno artistico Gottardo – il ridotto». «È – spiega Tullio – il marchingegno più grande che abbia mai realizzato fino a ora. È mostruoso, enorme. Alto quasi 5 metri, largo 7 e spesso 3, pesa una tonnellata e mezza, ha 12 motori, 30 luci e lo spartito composto è stato cantato dalla Zürcher Sing-Akademie, coro professionista legato all’orchestra sinfonica di Zurico della Tonhalle, e suonato dal Kammerorchester di Berna. È composto da 7 tavole che si aprono e raccontano la storia di due coppie che vivono in Svizzera dalla fine della seconda guerra mondiale ai giorni nostri, una di italiani immigrati e una di svizzeri, le cui vicende si incrociano. Riprendo anche due leggende importanti, quella del ponte del diavolo di San Gottardo e quella della donna di paglia. Le domande che stanno alla base del marchingegno non potevano che essere: “cosa sei disposto a pagare per avere ciò che desideri?” e “dobbiamo rinchiuderci nei nostri confini o essere aperti?”. Credo di essere riuscito a trattare, così, anche un discorso attuale, politico-sociale».

L’intero show dura 24 minuti ed è stato inaugurato il 30 giugno 2018 riscuotendo grande successo e commenti favorevoli. «È un’opera unica – dichiara l’artista – per l’imponenza, la grandiosità e per l’unicità, perché questi marchingegni li faccio solo io nel mondo, sono una mia invenzione». «Per il futuro – conclude Tullio – mi piacerebbe fare altri due marchingegni svizzeri e creare un centro di marchingegni qui in Svizzera. E poi mi piacerebbe moltissimo farne uno italiano e metterlo in Italia, forse a Bergamo, perché è la terra che mi ha dato le origini. Ho già l’idea e la sto sviluppando, ma nulla di anticipabile. Di sicuro parlerà della mia visione dell’Italia, di come la vede una persona che vive all’esterno. Una visione che mi riempie di preoccupazioni, perché, nonostante le grandi potenzialità che l’Italia ha, non riesce a essere ricca, prospera ed evoluta come potrebbe».

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