In Cina pazzi
per pasta e pizza

«Negroni, bruschette, pizza con mozzarella di bufala, tiramisù» recita l’insegna-menù alle spalle del bergamasco Luca Barbaglio. Non siamo in una trattoria di «casa nostra», ma nel centro di Shanghai, dove il 26enne di Arcene lavora da qualche mese come responsabile eventi e pubbliche relazioni (o «Event manager») per una catena di ristoranti che porta la tradizione italiana nel cuore della Cina. «Opportunità e Shanghai sono due parole che vanno a braccetto» racconta Luca, approdato in Oriente lo scorso luglio a pochi mesi da una laurea allo Iulm di Milano nel campo del marketing.

«Uno stage iniziale di sei mesi nell’organizzazione eventi per un’agenzia italiana è stato il punto di partenza per imparare a muoversi in questo contesto molto diverso e, grazie ai contatti sviluppati, approdare a Mylk (My Little Italian Kitchen). Il cibo italiano è molto apprezzato e la catena, gestita da connazionali, è in espansione: oltre ai due siti già consolidati, ne apriranno altri tre per l’inizio di giugno in città».

Il suo ufficio è diventato il ristorante: «Lavoro da lunedì a venerdì: gestisco in inglese vari aspetti legati alla comunicazione dell’azienda. Consolido i rapporti commerciali con i clienti, ne contatto di nuovi attraverso diverse applicazioni sul computer, mi occupo dei contenuti del sito, interagisco con i fornitori di servizi, organizzo il servizio catering per aziende terze». Solo in città vivono 24 milioni di abitanti e il bacino dei potenziali acquirenti è vastissimo: «Un semplice post on line o un volantino pubblicitario possono rivelarsi davvero decisivi. Rispetto all’Italia, dove avevo svolto una serie di tirocini, i ritmi sono frenetici, la mole di lavoro è enorme e visto che le scadenze sono “sacre”, bisogna essere estremamente efficaci». Un bell’ostacolo da superare è sicuramente la lingua: «L’inglese non è così diffuso come si possa credere e a volte i cinesi non fanno grandi sforzi per tentare di capirti. Al momento sto studiando il cinese da autodidatta ma seguirò ben presto delle lezioni: non è solo una questione di grammatica e vocabolario, ma di toni e pronunce».

Girare per le strade di Shanghai è immergersi in un’ambientazione d’avanguardia: «A volte non si ha la sensazione di essere in Cina. È una metropoli internazionale messa in Asia. Sono profondamente affascinato dal suo aspetto futurista: il Bund Skyline è sempre illuminato, tutto è più grande e in confronto agli immensi grattacieli cinesi anche il Pirellone impallidisce. Ciò che colpisce è la massa di persone in incessante movimento: auto, scooter, autobus, taxi, carretti, treni ad alta velocità e la metropolitana più lunga del mondo (14 linee e quasi 550 chilometri) scorrono giorno e notte a ritmi e portate vertiginosi. Mai uno sciopero. Mai un ritardo. Quando ho capito che mi sarei stabilizzato, ho comprato uno scooter elettrico: credo di essere uno dei pochi a usare il casco».

A proposito della vita quotidiana Luca afferma: «Qui mi trovo molto bene. Vivo in un palazzo di 32 piani a due fermate dal centro con un ragazzo italiano e una spagnola. Nel tempo libero, ho mantenuto la mia passione per lo sport, giocando in una squadra di calcio a 7. Durante la settimana sono abbastanza casalingo e nel weekend esco soprattutto con amici europei. L’offerta è vastissima ed è molto facile fare nuove conoscenze: si girano tre o quattro locali a sera, anche perché gli occidentali, visti forse come un’attrazione, talvolta hanno il privilegio di entrare gratis anche in posti molto gettonati».

Il cibo italiano, invece, è sempre a portata di bocca: «Per fortuna sì, ma anche la cucina cinese se la cava molto bene». A questo proposito ci sono quelle pietanze che agli occhi del «vecchio mondo» vengono considerate «estremismi» alimentari: «Un proverbio locale che prende in giro la cucina cantonese meridionale dice che là mangiano “tutto ciò che vola e non è un aereo, quel che è per terra e non è una macchina, tutto ciò che ha le zampe a eccezione dei tavoli”. Anche qui non scherzano però: nei mercati e al discount si vedono tartarughe, rospi, serpenti e ragni. Non mi sono ancora spinto così avanti».

È cosa nota di come la Cina a partito unico soffra la mancanza di una libera opinione: «Un riscontro immediato di questa situazione lo si ha navigando in Internet: il governo ha attivato un “Grande Firewall” che non permette l’accesso a numerosi siti e applicazioni, tra le quali spiccano Facebook, Twitter e YouTube». La soluzione è installare sul proprio computer una rete privata virtuale (o Vpn): «È un software che permette di superare questa Grande Muraglia telematica e risulta fondamentale anche per il mio lavoro. Non bisogna poi dimenticare che qui è ancora in vigore la pena di morte e ogni dissidenza viene repressa. Poi, per quel che mi riguarda, la percezione generale di una città moderna come Shanghai è di libertà e sicurezza. Un altro aspetto critico è sicuramente la qualità dell’ambiente. Se il governo sta investendo in progetti di tutela, rispetto ai nostri livelli, l’aria resta fortemente inquinata; i palazzi a volte sono avvolti da una patina grigia e quando piove le finestre di casa diventano marroni, così come i vestiti. Non è certo sabbia del deserto».

«Non rinnego l’Italia, è casa mia. Da 10 mila chilometri ho imparato a vederla da altri punti di vista: da una parte sembra molto piccina in confronto a un colosso come la Cina, dall’altra la distanza ti fa rivalutare le sue incredibili bellezze che per abitudine magari non apprezzi a pieno quando sei a casa. Proprio l’altro giorno ho preparato una presentazione-video del nostro Paese per alcuni clienti e ammetto di essermi emozionato». Rispetto all’avvenire, l’intenzione è di proseguire l’esperienza cinese: «Il mio contratto è in scadenza il prossimo febbraio; il futuro è un punto di domanda, ma avrei l’intenzione di rimanere qui perché sono pieno di stimoli e ho conosciuto tante belle persone. Non dico di aver trovato la mia strada definitiva o il lavoro della mia vita, ma è un buon inizio per gettare delle basi importanti».

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