Paolo da Osio all’infinito
Ha scoperto nuove galassie

Galassie cannibali: non è il titolo di un nuovo romanzo di fantascienza e nemmeno quello dell’ultimo film a tema postapocalittico. Si tratta invece di un nuovo tassello nello studio dell’universo, merito di un bergamasco ormai cittadino del mondo. Per scoprire con precisione di che cosa si stia parlando bisogna seguire la storia di Paolo Bonfini, ma per non perdere il filo sarà utile avere sottomano un planisfero: per inseguire la sua passione, il ricercatore astrofisico originario di Osio Sotto è infatti rimbalzato dagli Stati Uniti alla Grecia, dall’Australia al Messico.

Una prova di determinazione e tenacia che sta dando continui frutti: di recente, Bonfini e i suoi colleghi di ricerca australiani hanno confermato un’ipotesi che cambia le carte in tavola nello studio dell’evoluzione dell’universo. In estrema sintesi si può dire che le nuove osservazioni forniscono una spiegazione alternativa per la carenza di stelle al centro delle galassie ellittiche più grandi, che sono alla fine della catena evolutiva delle galassie nel cosmo.

Finora, la teoria favorita prevedeva che questo tipo di galassie nascesse dallo scontro fra due galassie più piccole, con la conseguente unione dei loro buchi neri supermassivi (ogni galassia ne ha uno al proprio centro) e la creazione di una sorta di sistema binario, dove i buchi neri orbitano uno intorno all’altro ed emettono onde gravitazionali. In questo scenario, la carenza di stelle al centro della nuova galassia sarebbe dovuta alla «fionda gravitazionale» (costituita dal sistema binario di buchi neri), la quale scaglia le stelle lontano dal centro. Grazie al lavoro di Bonfini, pubblicato con il collega Alister W. Graham, è però stata verificata un’altra ipotesi: l’assenza di stelle si manifesta perché una galassia molto grande ne ingloba una molto piccola, che finisce al centro in quanto pesante e compatta, creando così lo stesso effetto fionda sviluppato dal sistema di buchi neri. In questo modello alternativo quindi si tratterebbe di cannibalismo tra galassie.

«Questo risultato osservativo – commenta Paolo Bonfini – influirà sulle simulazioni di evoluzione dell’universo: nell’elaborarle si dovrà tenere conto anche di questa opzione, che prima era solo una speculazione teorica e che ora noi abbiamo verificato. La mancanza di stelle può crearsi o per via della presenza di una coppia di buchi neri o perché altre stelle, ovvero galassie più piccole, precipitano all’interno della galassia più grande: questa scoperta arricchisce la nostra comprensione dell’evoluzione su larga scala del cosmo, che è la grande curiosità dell’uomo».

Un lavoro che segna un ulteriore traguardo raggiunto da Paolo lungo il suo percorso, per seguire il quale bisogna abbandonare le mappe celesti e tornare a quelle terrestri. Tutto è iniziato all’Università Bicocca di Milano, con la laurea nel 2008 in Astrofisica: negli anni degli studi un ruolo chiave è stato giocato dall’Erasmus svolto nel 2007 sull’isola di Creta.

Da quell’esperienza è nato un profondo amore per il mondo greco, che l’anno successivo lo ha spinto a rifiutare un’offerta proveniente da Oxford, optando invece per un dottorato di ricerca presso l’università di Heraklion, proprio a Creta.

Nel frattempo Bonfini ha portato avanti vari progetti di collaborazione con l’Harvard-Smithsonian Centre for Astrophysics a Cambridge, negli Stati Uniti, dove per cinque anni ha trascorso più di un mese ogni estate. Ma a quei tempi il viaggio di Paolo non era nemmeno arrivato al giro di boa, anzi la successiva meta sarebbe stata ancora più lontana e avrebbe portato a spuntare dalla lista un terzo continente: nel 2013 ha infatti accettato un’offerta di lavoro alla Swinburne University of Technology di Melbourne, in Australia. Dopo due anni trascorsi downunder, ha fatto i bagagli per l’ennesima volta e si è imbarcato per una nuova avventura, tornando nell’emisfero boreale: dal 2015 vive in Messico, dove è titolare di un assegno di ricerca all’Instituto de Radioastronomiá y Astrofisica di Morelia. Insomma, una bella media di cambi di residenza per un ragazzo di trentaquattro anni.

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