«Quell’annuncio
sul giornale
e la partenza
per Singapore»

Roberto Albreschi, 53 anni, oggi è Business development manager per il noto brand italiano di pasta «De Cecco» nell’area Asia Pacific (dall’India a Tahiti). Da 25 anni ormai Singapore è diventata la sua casa. Ne ha fatta di strada quello studente dell’Ipsia C. Pesenti, originario di Ponte San Pietro, che aveva da sempre il sogno di viaggiare.
«Appena terminate le superiori mi sono reso conto, lavorando per alcune aziende vicino a casa, che il settore meccanico, scelto nel mio percorso di studi, in realtà non faceva per me – ricorda Albreschi –. È nato in me il desiderio di visitare Paesi stranieri. Un’idea rafforzatasi poi sempre più negli anni viaggiando in Europa e in Asia per vacanza o per perfezionare l’inglese».

«Quando vivevo in Italia ho lavorato in provincia di Bergamo cambiando diversi impieghi con l’obiettivo di diventare un commerciale – spiega –. A 29 anni però è avvenuta la svolta che aspettavo da tempo». Una storia, quella di Roberto, che lui stesso definisce atipica. «Nel 1993 e nel 1994 visitai Taipei e Shanghai durante le vacanze. Era un modo per migliorare il mio inglese, anche se già facevo corrispondenza con amici, ovunque nel mondo (ai tempi non c’erano cellulari o pc), scrivendo lettere (ricordo che scrissi più di 500 lettere in 4 anni, conoscendo molti amici e imparando bene l’inglese). La visita di questi Paesi asiatici, all’epoca considerati lontani e visti come mete remote, fu per me una rivelazione. Una volta a casa, poi, un giorno, lessi un articolo che attirò la mia attenzione: il titolare di una catena di ristoranti italiani a Singapore cercava connazionali disposti a trasferirsi a Shanghai per l’apertura di nuovi ristoranti quali direttori di sala. Non si richiedeva esperienza, ma voglia di lavorare oltre che una discreta conoscenza della lingua inglese, disponibilità a trasferirsi e spirito di adattamento a una nuova società. Parole che suonano cosi strane oggi. Chiamai subito e a dicembre del 1995 decisi di trascorrere le vacanze di Natale a Singapore, per visitarla e incontrarmi con il titolare della catena di ristoranti».

Arrivato a Singapore, Roberto si sentì subito a casa. «Capii subito che avrei voluto viverci. Fu una sensazione breve, ma intensa, che iniziò già in aeroporto. Conobbi il titolare, un signore pugliese, emigrato a Singapore anni prima che, con tanta passione e lavoro, gestiva sei ristoranti. Mi mostrò quello che avrei dovuto fare e dopo tre mesi mi chiamò offrendomi il lavoro, ma per Singapore, non Shanghai come diceva invece l’articolo». Era l’occasione che Roberto stava aspettando da tanto tempo e non se la lasciò sfuggire. «Accettai subito. Diedi le dimissioni dal lavoro, attesi che mi venisse approvato il permesso di lavoro per Singapore e il 15 giugno 1996 ero Singapore, da solo. Finalmente il mio desiderio maturato dentro di me 10 anni prima, si era realizzato. Non fu facile lasciare la famiglia e gli amici. Ma sapevo che quella era la mia strada».

«Una volta a Singapore, poi, mi sono ambientato subito. Sebbene avessi cambiato completamente stile di vita, lavoravo 6 giorni su 7, a ritmi pazzeschi, sabato e domenica, dovevo fare tutto, dal bucato alla spesa, mi sentivo in vacanza. Nuove persone, un mix di culture e stili di vita infinito. Il primo anno passò in un attimo. Dopo alcuni anni, poi, venni trasferito a Shanghai e poi a Kuala Lumpur, per gestire i ristoranti. Ma ormai ero innamorato di Singapore e tornai qui».

Nel 2001 il rientro in Italia per stare vicino alla famiglia. «Tornai per la morte di mio padre e trovai lavoro in un’azienda di Grassobbio che poi mi trasferì a Londra, che è bellissima, ma non era Singapore». Nel 2005, poi, il ritorno a Singapore. «Ebbi la fortuna di tornarci grazie a un’offerta di lavoro, grazie a un amico, e ottenni la residenza nel 2008. Da allora ho avuto diverse esperienze e cambiato lavoro, passando dalla ristorazione alle vendite, ma rimanendo nel settore alimentare. Mi sono anche sposato con una donna malese, ma purtroppo non ha funzionato. Ora, da pochi mesi lavoro come Business development manager per un noto brand italiano di pasta, «De Cecco», sono responsabile delle vendite dell’area Asia Pacific (dall’India a Tahiti)». Roberto, quindi, può dire di avercela fatta, di aver realizzato il suo sogno di vivere in un Paese straniero e di diventare un commerciale.

«Le differenze tra Singapore e l’Italia sono tantissime. Vorrei tanto che il mio Paese natale fosse come Singapore per molti aspetti. Qui c’è organizzazione, sicurezza, programmazione, intransigenza e autorevolezza. È così che è stato affrontato il Covid-19 a Singapore per esempio: chi ha sbagliato,non portando la mascherina in pubblico, ha pagato con multe salate o addirittura l’espulsione dal Paese per gli espatriati già residenti qui da anni. È un luogo di poche parole e promesse, ma tanti fatti. E il modello Singapore è oggi ammirato e preso da esempio da molti paesi nella regione, perfino dalla grande Cina. Sono fattori che senti, rispetti e apprezzi ogni giorno, in ogni situazione anche la più semplice. Le persone sono molto gentili e accoglienti e noi italiani siamo visti e accettati molto bene. Se penso che ho trascorso qui 20 anni ancora non mi sembra vero».

Roberto non ha mai dimenticato l’Italia. «L’Italia mi manca. Non per viverci però, altrimenti sarei già tornato. Mi manca il contatto giornaliero con la famiglia, mia madre e mio fratello, e gli amici. Mi manca Bergamo, le mie origini, l’atmosfera, la nostra quotidianità, i casoncelli (che a volte, mi sogno di notte), la passeggiata in Città Alta, o l’incontro con gli amici per un caffè in piazza Pontida, e poter visitare altre città respirando la nostra storia e cultura. E mi sento sempre bergamasco, forse più ora di tanti anni fa. Non penso però di tornare, soprattutto perché, vista l’età, farei fatica a trovare un lavoro simile a quello che faccio ora qui a Singapore».

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