«Svizzera: la stabilità
Mi manca Bergamo»

«Sono una persona molto legata al territorio e agli affetti. Mi è spiaciuto davvero andarmene dall’Italia e da Bergamo. Ma per la mia vita lavorativa era la scelta giusta da prendere». Racconta così, Dario Pressato, trentaduenne originario di Bergamo, quartiere Boccaleone, i motivi che lo hanno spinto nel 2014 a trasferirsi all’estero. «In realtà - racconta Dario - avevo già fatto un’esperienza all’estero in precedenza: nel 2012, dopo aver conseguito la laurea magistrale in Biotecnologie mediche all’Università degli Studi di Milano, ho vissuto 5 mesi a Londra grazie all’aiuto dell’Ente bergamaschi nel mondo. L’obiettivo di quella prima esperienza era di migliorare le mie capacità linguistiche e una volta lì ho seguito dei corsi, ma ho anche potuto svolgere qualche lavoro nel weekend in modo da racimolare qualche soldo per affrontare con più serenità le spese di una città costosa come Londra».

Al rientro Dario è stato assunto per uno stage (dicembre 2012-marzo 2014) dalla Ibi Lorenzini (Istituto biochimico italiano), società farmaceutica di Milano. «Al termine dello stage avrei voluto restare a lavorare lì - continua il ragazzo -, ma non c’è stata la possibilità e la stessa azienda mi hanno suggerito di guardare anche all’estero per il mio lavoro. E così ho fatto». Nel 2014 il trasferimento a Ginevra. «Per un anno e mezzo ho lavorato per una società farmaceutica e nel mentre ho seguito un master in Management marketing farmaceutico perché volevo approfondire la posizione di marketing del mio settore, in quanto avevo capito che la ricerca non era la mia prima scelta. Poi, terminato il mio contratto mi sono spostato in un’altra società di diagnostica molecolare con headquarter europeo a Ginevra, questa volta come manager associato e, dopo 7 mesi, mi sono trasferito a Berna per lavorare nella CSL Behring, una società farmaceutica multinazionale che mi aveva offerto una posizione come analista di marketing per un anno».

Dario, non riuscendo a ottenere un contratto a tempo indeterminato, ha quindi deciso, nel 2018, di frequentare un secondo master, questa volta in Digital marketing e communication, allo Iulm di Milano. «Sono riuscito così ad aggiungere altre competenze al mio curriculum - spiega -. E, finalmente, a fine 2018, Lonza, la società per cui lavoro ancora attualmente, mi ha offerto una posizione a tempo indeterminato come manager. Il lavoro era a Basilea e, quindi, mi sono trasferito qui. Produciamo farmaci biologici per conto di medie, grosse a piccole aziende e io mi occupo di analisi di mercato, fornisco previsione di trend, vendite e informazioni di mercato per supportare le strategie aziendali». In Svizzera Dario si trova bene, anche se il suo forte legame con il Paese natale lo porta a sentire la mancanza di casa e degli italiani.

«La Svizzera è molto organizzata - racconta - e si vive bene qui. Io, non parlando il tedesco, non mi sono ancora integrato molto bene con gli svizzeri, perché qui per integrarsi con loro devi parlare quasi il loro dialetto. In futuro vorrei impararlo, ma ora non è una priorità. Nonostante questo ho conosciuto altre persone, oltre ai colleghi di lavoro: ci sono diversi gruppi e associazioni create apposta per le persone che vengono dall’estero e grazie alle quali puoi fare incontri, discutere e partecipare a feste internazionali. Così ti crei amicizie e partecipi a eventi. Poi ci sono molti italiani qui, quindi ci si può integrare con loro. Certo, io sono molto legato al territorio dove sono nato e ai miei famigliari e amici, quindi mi mancano. Tutto sommato, però, sono a 3 ore e mezza di auto e una volta al mese riesco a tornare a casa e a dedicarmi a loro, oppure è capitato anche che venissero loro da me, per vedere come è la mia vita qui. Forse, quello che più mi manca dell’Italia è lo spirito di solidarietà che qui invece non è molto radicato. La Svizzera è come gli Stati Uniti, molto liberale, non c’è neanche bisogno di aiutarsi in realtà perché sono tutti molto indipendenti e autonomi e non c’è questo senso di coesione e di voglia di darsi una mano nei momenti difficili. Manca uno spirito di fratellanza dettato dalle rivalità storiche tra cantoni e 3 diversi tipi di mentalità che vedono il loro picco nella divisione tra svizzera francese, italiana e tedesca. Ed è una cosa che io personalmente sento. Però, di contro, qui c’è un rispetto delle regole e un controllo sociale che in Italia non esiste: ogni persona agisce come un poliziotto e tutti controllano tutti e sono spinti a fare rispettare le regole, perché ognuno si vede e si riconosce nello Stato e quindi agisce di conseguenza».

Il richiamo dell’Italia è quindi forte per Dario, anche se il lavoro lo terrà fuori dal nostro Paese ancora per un bel po’. «Se dovessi lasciare la Svizzera domani, tornerei in Italia. Non mi sposterei in nessun altro Paese. Se penso di tornare in Italia prima o poi? Non lo so. Sicuramente non nel breve periodo, ma probabilmente nemmeno nel medio-lungo. Tutto dipende anche dal mercato italiano come si sviluppa. Ora non avrebbe senso per me tornare: qui c’è maggiore sviluppo e condizioni di vita migliori, anche qualora volessi formare una famiglia mia. Vivo in un Paese con una stabilità economica e finanziaria importante e dove anche la sicurezza è molto elevata». Dario è quindi nel pieno della propria vita all’estero, tra nostalgia e prospettive rassicuranti. Quel che è certo è che per lui non è stato facile arrivare dove è ora. E non lo sarebbe stato per nessuno. «Vorrei dare un messaggio per chi vuole seguire la via di trasferirsi all’estero: non pensiate che sia facile, è una prova con se stessi trovarsi in un luogo dove non si conosce nessuno, non si parla la lingua e non si conoscono le regole. Anche a livello lavorativo è una sfida. Quello che posso dire, però, è che non ci si deve scoraggiare mai e che se ci si impegna e non si demorde allora ci si può togliere delle belle soddisfazioni con il tempo, i frutti alla fine si possono raccogliere».

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