Laurea a scoppio ritardato
Ora manager in Qatar

Tra le poche foto che invia al giornale c’è quella del giorno della sua laurea in Ingegneria tessile a Dalmine. Se ne sta bello diritto in piedi mostrando tra le mani il titolo accademico immerso nei laboratori del campus bergamasco.

Per molti ormai la laurea è una tappa naturale di un percorso scolastico tracciato fin dalla nascita: prima il ciclo primario, poi quello secondario, la triennale, la specialistica e magari un master. E forse proprio perché inserito in un percorso così scontato se ne perde il senso. Stefano invece quel titolo accademico se l’è conquistato in età adulta, dopo aver lavorato da quando aveva 15 anni come muratore sui tetti della Valle Seriana. Quella laurea ha per lui il sapore della svolta su una vita già tracciata, dell’impegno e del sacrificio, del rischio e della scommessa sulla propria esistenza, della passione per la ricerca e lo studio.

«A 20 anni la mia vita sembrava già scritta: sapevo che cosa avrei fatto a 40 e a 60 anni. Il mio destino era il cantiere, fare il muratore, come aveva fatto mio padre prima di me, emigrante in Svizzera per una vita, e ancora prima mio nonno» racconta in collegamento via Skype dalla sua stanza a Doha nel Qatar. «Non era quello che volevo: volevo provare sempre nuove emozioni» dice e oggi, che di anni ne ha compiuti da poco 40, può guardare da molto lontano quel destino già scritto e soprattutto immaginare il futuro come una serie di porte che promettono di aprirsi su nuove scommesse.

Oggi infatti Stefano Sella, originario di Clusone, si occupa di project control per la costruzione di una base militare americana nella Mezzaluna, per un’importante azienda italo/inglese. Segue lo sviluppo del progetto e coordina un gruppo di lavoro internazionale composto da italiani, inglesi, ma anche indiani e pachistani. «E pensare che, quando ho finito le scuole medie, ho chiuso i libri e non ne volevo più sapere di riaprirli» dice.

«Certo c’era sempre la passione per il disegno tecnico ma dopo la scuola dell’obbligo ho iniziato subito a lavorare sui tetti per l’impresa dei Percassi» ricorda. «Poi mi capita tra le mani un volantino della Scuola Edile di Seriate: c’erano dei corsi il sabato per diventare muratore qualificato e decido di frequentarli. Non interferivano con il mio lavoro e così mi sono iscritto» spiega Stefano che decide, visti i risultati positivi, di proseguire poi con i corsi serali da geometra a Fiorano al Serio. «Andavo volentieri a scuola, ero con degli studenti come me molto motivati e i docenti trasmettevano una grande passione. Certo alzarsi la mattina alle sei, lavorare tutto il giorno, rientrare per una doccia e prendere i libri non è stata una passeggiata». Ma lo scoglio più duro è arrivato per conseguire il diploma. «Lasciai il lavoro e mi iscrissi all’ultimo anno del corso di geometri all’Istituto Fantoni di Clusone. Il primo giorno fu molto imbarazzante: sedersi a 25 anni con dei 17enni...».

A 26 anni Stefano si trova con un diploma di geometra. Che fare? «Un amico mi consigliò bene: perché non ti iscrivi all’università? A Ingegneria edile? Detto fatto, così mi iscrissi alla facoltà di Ingegneria a Dalmine. Il primo anno lo dedicai al ramo edile, e il secondo, dopo aver assistito a un congresso tenutosi dagli imprenditori di Confindustria, decisi di cambiare settore industriale e puntare sul tessile. Mi sembrò un’opportunità d’oro. La sera lavoravo come pizzaiolo per mantenermi». Anno dopo anno Stefano macina esami. «Poi un nuovo scoglio: l’esame in lingua inglese» spiega. «Oggi faccio sogni in inglese ma allora non avevo le basi – dice –. Ancora una volta affrontai la questione: le lezioni di grammatica non bastavano e così partii per sei mesi per l’Irlanda. Potevo benissimo fare il pizzaiolo anche là».

Arriva così l’anno di quella foto ricordo: il 2006. « Mi sono laureato nell’anno in cui la crisi ha messo in ginocchio il tessile e la Valle Seriana, il mercato delle costruzioni ha subito un’inversione di tendenza – dice con ironia –. Avevo la laurea ma, come molti, non avevo un lavoro».

«È stato importante incontrare un imprenditore che stimo molto – dice –: Ezio Maringoni, “Ol Pastisser”, molto conosciuto in valle. Uno di quegli uomini che capisci che cosa hanno in mente con sei mesi di ritardo rispetto a quando gli è frullato nel cervello. Maringoni ai tempi, prima di fondare l‘azienda Cem estero spa che opera nel Middle east, era capo area del Middle east di una nota azienda di costruzioni italiana e mi mise in contatto con questa, così mi trasferii negli Emirati arabi. Praticamente fu come mettere un sasso della Presolana in mezzo al deserto. Avevo 32 anni e non mi ero mai mosso da Clusone a parte la tappa irlandese».

Prima un’esperienza nel settore oil and gas e poi nel ramo delle infrastrutture. Così Stefano riesce a unire sapere e saper fare grazie alle competenze universitarie ma anche a quegli anni preziosi sul cantiere come bocia. Oggi dirige un team internazionale. «Impari a non guardare più da dove vengono le persone ma a valutarle per come lavorano e se sono persone di cui fidarsi – spiega –. E poi tutti abbiamo sogni e aspirazioni molto simili». Non sono molti i contatti invece con i qatarioti. «Eh eh – sorride – loro non lavorano o ricoprono incarichi molto particolari. Ogni Qatarino percepisce dei bonus, quindi perché lavorare? Sono seduti sul petrolio e questo fa la differenza» spiega. Il lavoro gli piace anche se dice: «Quando ho compiuto 40 anni ho pensato che a 60 vorrei essere da un’altra parte, fare nuove esperienze, mi attira molto la Grande Asia di cui tutti parlano ma anche fare qualcosa per l’Italia, a Bergamo».

A Bergamo infatti torna ogni 4 mesi. «Mi mancano le mille sfumature di verde delle nostre montagne, e la mia famiglia – racconta –. Mia mamma ormai ha imparato a usare l’iPad per comunicare con me e con mia sorella ci sentiamo sempre su Whatsapp. Se penso che di mio papà che partiva per la Svizzera 35 anni fa avevamo notizie solo via lettera e lo vedevamo rare volte in un anno…». «Quando torno però – spiega – vedo la valle cambiata. Molti miei amici sono senza lavoro. Tutti sembrano attendere che da un momento all’altro qualcuno dica loro: “la crisi è finita, torna tutto come prima”. Ma non sarà così. Ormai è piu di otto anni che lavoro a tempo determinato, a progetto, brutta sensazione ma allo stesso tempo stimolante, in quanto mi rende più consapevole che non bisogna mai fossilizzarsi e tanto meno rassegnarsi, non è mai tardi per imparare cose nuove. Vorrei dire loro di provare nuove strade, magari anche nuovi Paesi. All’inizio la strada può sembrare in salita, ma giorno dopo giorno anche i sogni più irrealizzabili prendono vita».

IL PROGETTO

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