Lacrime artificiali

I più sembrano considerarla una buona notizia. Per questa ragione anch’io, nel riferirla, cercherò di conferire alle parole un piglio vigoroso, se non ottimista. La notizia è questa: dopo secoli di dignitosa siccità, i giapponesi stanno imparando ad apprezzare le lacrime. In altri termini, si stanno rendendo conto che piangere, all’occorrenza, fa bene.

Ci sono arrivati, come per tutte le cose, a modo loro, ovvero seguendo percorsi più collettivi che individuali e comunque sempre organizzandosi alla perfezione. La faccenda è oggi ben collaudata, e “rui-katsu” sono annunciati in ogni angolo del Paese.

Dicesi rui-katsu una serata organizzata in un cinema, un teatro o un centro congressi in cui la gente si ritrova allo scopo di piangere. Per facilitare l’innesco del pianto, vengono di solito proiettati filmati lacrimogeni; pellicole di sicura intensità sentimentale, ma anche video tratti da YouTube: tra questi, particolarmente efficaci risultano i “funerali” di animali domestici. In una cultura che considera gran virtù la capacità di nascondere le emozioni, capita che sia difficile risolvere nodi psicologici sia a livello individuale sia sul piano collettivo: in questo senso, i traumi dello tsunami del 2011 sono lontani dall’essere assorbiti. I rui-katsu, assicurano gli esperti in cose giapponesi, aiutano. Altrettanto accadde con l’uscita al cinema, nel 1954, del “Godzilla” originale: riscosse il Paese dall’incubo nucleare, rappresentandolo ed esorcizzandolo sotto forma di mostro marino.

Se i rui-katsu funzionano, sarò l’ultimo a volerli contestare. In quel provocare le lacrime tramite video vedo però qualche cosa di artificiale che tanto mi riporta alla nostra cultura, capace di commuoversi per drammi riferiti - o rappresentati - da cinema e tv e molto meno per quelli raccontati dalla realtà più prossima. È come se ci fosse impossibile distinguere il sapore vero del dolore da quello sintetico. Non auguro a nessuno di trovarsi nelle condizioni di piangere ma, dovesse accadere, mi auguro che sia per una spinta del cuore e non per un download.

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