Caritas in veritate: sala gremita
all'università per il convegno

«La carità nella verità, di cui Gesù Cristo s'è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera». Si richiamava esplicitamente alle prime righe della «Caritas in veritate» di Benedetto XVI, oltre che alla «Populorum progressio» di Paolo VI, il titolo del seminario «Realizzare lo sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini», che si è tenuto ieri pomeriggio nell'aula conferenze della sede universitaria di Sant'Agostino, su iniziativa della Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana) e del Cusa (Centro universitario Sant'Andrea).

Lo scopo della tavola rotonda, moderata dal preside della facoltà di Scienze della formazione, Ivo Lizzola, era appunto di approfondire gli aspetti teologici, etici, sociali ed economici della terza lettera enciclica di Benedetto XVI. Dopo un indirizzo di saluto del presidente diocesano della Fuci, Matteo Fiammarelli, Roberto Pertici, docente di Storia contemporanea all'Università di Bergamo, ha preso in esame il rapporto tra la Caritas in veritate e precedenti testi del magistero ecclesiastico in materia di «dottrina sociale»: «Nel suo scritto Benedetto XVI cita ampiamente la Populorum progressio di Paolo VI. Il principio della continuità magisteriale non esclude però che possano darsi delle novità, a fronte di scenari radicalmente mutati rispetto a un recente passato. Papa Montini, nel 1967, attribuiva in primo luogo la responsabilità di promuovere lo sviluppo dei popoli ai "poteri pubblici". Oggigiorno, tuttavia, la crescente interdipendenza fra le economie nazionali fa sì che il potere di pianificazione dei singoli Stati sia molto ridimensionato: per governare la globalizzazione, Benedetto XVI propone dunque un modello "sussidiario e poliarchico", che incentivi l'azione dei corpi sociali intermedi, in accordo con i grandi organismi internazionali».

Stefano Zamagni, docente di Economia politica all'Università di Bologna, si è invece soffermato sui paradossi del panorama economico-finanziario attuale, «in cui l'aumento della ricchezza complessiva coincide con l'allargamento della "forbice" tra i più ricchi e i più poveri, e all'aumento medio del reddito pro capite si accompagna comunque un declino dell'"indice di felicità"».

«Come rimedio alle contraddizioni dell'epoca presente – ha proseguito Zamagni, che ha personalmente contribuito alla redazione della Caritas in veritate –, il Papa indica il modello della "fraternità", che è più esigente rispetto a quello della "solidarietà". Non si tratta solo di perseguire l'uguaglianza, infatti, ma di consentire agli eguali di "essere diversi", realizzando sul luogo di lavoro e nella società civile la loro particolare vocazione, mettendo a frutto i loro talenti».

Da parte sua, il vescovo Francesco Beschi ha sviluppato una breve riflessione sul nesso tra «carità» e «verità» nella visione di Benedetto XVI: «L'enciclica sottolinea che la dimensione della carità e quella della verità convergono. E questo, non in base a un'argomentazione teorica, ma secondo quanto è testimoniato dalla fede cristiana, che trova appunto nella persona di Gesù Cristo la perfetta identificazione tra queste due dimensioni. Partendo da tale constatazione, siamo oggi chiamati a interrogarci sul significato di uno sviluppo integrale dell'uomo, che presuppone – potremmo dire – una sua considerazione integrale, rispettosa di tutti gli aspetti che lo caratterizzano».

Monsignor Lino Casati, docente di Morale sociale al Seminario di Bergamo e la Facoltà teologica interregionale di Milano, ha infine evidenziato alcuni «snodi» dell'enciclica di Joseph Ratzinger: «Benedetto XVI denuncia tra l'altro una pericolosa tendenza, per cui il progresso tecnologico rischia di accompagnarsi a una paralisi della libertà effettiva degli esseri umani. In ogni caso, più che proporre un "pacchetto dottrinale" immediatamente applicabile in campo sociale ed economico, il Papa ha voluto chiedere ai suoi lettori, credenti e non credenti, di impegnarsi in uno sforzo di decifrazione della realtà attuale, alla ricerca di risposte adeguate alle grandi questioni che gravano sull'umanità contemporanea».

Il rettore Stefano Paleari ha sottolineato che «incontri come questi interpretano al meglio il ruolo di una università. Credo che questa sia l'università che noi, o almeno io personalmente, sogno».

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