Prostitute con le microspie
Il racket diventa tecnologico

I carabinieri del comando provinciale di Bergamo hanno sottoposto a fermo di indiziato di delitto un 22enne albanese, mentre un connazionale 36enne è tuttora ricercato, poiché ritenuti a capo di un racket della prostituzione localizzato lungo l'asse viario Mozzo-Dalmine. Protagoniste della vicenda giovanissime ragazze rumene, poco più che maggiorenni, che venivano introdotte in Italia con la promessa di un lavoro pulito. Al loro arrivo però venivano immediatamente private dei documenti di identità, avviate alla prostituzione, picchiate e minacciate di morte al minimo accenno di ribellione, segregate in squallide abitazioni, spesso legate e nutrite in maniera approssimativa.

E' quanto hanno scoperto i militari grazie alla collaborazione di una delle lucciole, che, decisa a sfuggire ai suoi carcerieri, ha rivelato un particolare sconcertante: i suoi sfruttatori l'avevano obbligata a portare addosso una microspia allo scopo di mantenerla sempre soggiogata, per ascoltare a distanza ogni parola anche durante gli incontri con i clienti, impedire che fossero occultati i guadagni (fino a 15.000 euro al mese a ragazza) e scoraggiare rivelazioni pericolose durante i controlli di polizia.

Durante la perquisizione nell'abitazione dei due stranieri, destinatari di provvedimento cautelare spiccato dalla Procura della Repubblica di Bergamo per i reati di riduzione in schiavitù e rapina aggravata, sono state trovate altre due microspie, pronte all'uso per altre ragazze, e un paio di manette. Il 22enne è stato rinchiuso nel carcere di Bergamo a disposizione dell'autorità giudiziaria.

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