Moglie marocchina perde figlio
per le botte: 4 anni a impresario

Avrebbe maltrattato e picchiato la moglie marocchina e con un pugno in pancia le avrebbe fatto perdere il bimbo che portava in grembo. Per queste accuse venerdì 11 dicembre un impresario edile, un bergamasco di 44 anni residente in un paese della Valcalepio, è stato condannato a 4 anni in abbreviato dal gup Raffaella Mascarino. Pesanti i reati contestati: procurato aborto, lesioni aggravate, maltrattamenti in famiglia e minacce aggravate.

Gli episodi, secondo l’accusa, sarebbero accaduti dal 2005 al 2009. La donna, che oggi ha 31 anni, e l’impresario si erano sposati nel 2000 e l’anno successivo era nato il loro unico figlio. Il rapporto fra i due si sarebbe via via incrinato e, sempre stando alle accuse, i maltrattamenti si sarebbero fatti più violenti dal 2006.

Tre le denunce presentate negli ultimi tre anni dalla trentunenne, più una memoria con la quale il suo legale, l’avvocato Luca Bosisio, nel maggio scorso era riuscito a ottenere l’allontanamento dal tetto familiare per il quarantaquattrenne. Per non dire delle varie annotazioni di servizio stilate dai carabinieri di Grumello del Monte, chiamati a intervenire per le frequenti liti che scoppiavano fra marito e moglie. Parolacce, botte, minacce, con lei che in alcuni casi si era anche fatta refertare al pronto soccorso. Pure lui però, secondo quanto ha affermato, nel corso dei litigi avrebbe rimediato graffi e insulti.

L’episodio più grave, stando all’accusa, sarebbe accaduto nel settembre del 2006, quando la giovane era ai primi mesi di gravidanza. Secondo quanto raccontato dalla donna, il coniuge durante una lite le avrebbe sferrato un pugno in pancia. Una decina di giorni più tardi la moglie si era accorta di aver perso il bimbo che portava in grembo.

L’uomo, difeso dall’avvocato Lili Carrara, su questo episodio ha sempre negato. Il legale aveva anche prodotto una consulenza medica con la quale un primario ospedaliero spiegava che fra la presunta lesione e l’aborto era trascorso troppo tempo perché potesse esserci un nessuno di causalità fra i due episodi.

La donna, dopo aver perso il figlio, aveva presentato denuncia il 25 ottobre 2006. Tra alti e bassi, il rapporto era comunque andato avanti, i due avevano continuato a convivere. Nel maggio del 2007 la trentunenne aveva presentato un’altra minaccia per maltrattamenti nei confronti del marito. Botte, insulti, lesioni e minacce: sempre la stessa storia. Da aggiornare in un’altra querela presentata il 26 aprile scorso.

Fino a quando qualche giorno dopo l’avvocato Bosisio non s’era presentato in Procura con un folto dossier, ottenendo per l’uomo la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare. L’impresario, quando i carabinieri si erano presentati per notificargliela, non aveva reagito bene: non era infatti, intenzionato ad abbandonare il tetto coniugale. Cosa che aveva poi fatto quando i militari gli avevano prospettato conseguenze peggiori.

Venerdì l’avvocato Lili Carrara ha chiesto l’assoluzione per il procurato aborto e la derubricazione dei maltrattamenti in ingiurie. Il gup ha però ritenuto colpevole l’impresario per tutti i reati contestati, condannandolo a 4 anni e disponendo un risarcimento provvisionale di 50 mila euro a favore della moglie. La difesa ha già annunciato appello.

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