«Lauree deboli» al femminile:
la Regione vara la «dote donna»

«La famiglia e il lavoro sono i due pilastri sui quali si regge la nostra società. La stessa crisi economica ce lo dimostra, fuori da ogni dubbio. Il problema per molte famiglie è però quello di conciliare questi due termini e non dover essere costretti ad optare per l'uno o per l'altro. Una famiglia messa nelle condizioni migliori è un vantaggio per tutti». Il presidente della Lombardia Roberto Formigoni ha introdotto così i lavori del convengo «Giovani idee per conciliare famiglia e lavoro» che si è tenuto venerdì in Regione.

«Per favorire questa conciliazione - ha proseguito il presidente - la Regione ha messo e sta mettendo in campo interventi specifici. Al esempio istituendo la "Dote Donna", per promuovere l'occupazione delle donne in possesso di lauree "deboli", cioè scarsamente spendibili sul mercato del lavoro, attraverso la realizzazione di stage/project work, finalizzati alla sottoscrizione di contratti di lavoro. Ha inoltre finanziato numerosi progetti a supporto della nascita di imprese ed attività produttive gestite da donne (soltanto negli ultimi due anni 141 progetti per quasi 10 milioni di euro), ha contribuito allo sviluppo dei servizi socio educativi per la prima infanzia stanziando ad esempio, nell'ultimo anno, 18 milioni di euro per ristrutturare e ampliare gli asili nido e micronidi, anche aziendali, che oggi in Lombardia ospitano quasi 53.000 bambini. Va inoltre ricordato il coordinamento degli orari attraverso i Piani Territoriali degli Orari per sostenere i quali, nell'ultima legislatura, la Regione ha stanziato più di 8 milioni di euro. Ricordo infine tra gli altri il Portale Conciliazione Famiglia-Lavoro, che rende accessibili tutte le informazioni relative a queste tematiche esistenti in Lombardia».

«Per il futuro la Regione ha in programma di intervenire su entrambi i fronti, famiglia e lavoro: per le imprese, che investono in progetti sulla famiglia, con politiche di sostegno, specie con interventi di natura fiscale , per la famiglia con politiche di sostegno diretto». A questo proposito l'assessore regionale alla Famiglia e Solidarietà sociale Giulio Boscagli ha ricordato il «buono» che la regione da due anni eroga alle famiglie in difficoltà.

«Quello dell'anno scorso - ha detto - fu destinato alle famiglie numerose e con reddito molto basso, quello di quest'anno (stanziati 17 milioni di euro) alle famiglie, con reddito limitato, con almeno un figlio a carico e, con un familiare ricoverato in una struttura assistenziale o con un componente in cassa integrazione».

«Sono convinto - ha affermato Formigoni - che si possa comunque fare ancora di più: penso ad esempio alla possibilità di applicare il quoziente familiare in modo sempre più ampio e trasversale alle diverse politiche».

Al convegno, che e' stato organizzato dalle associazioni «Qui mamme, il portale delle mamme n.1 in Italia» e «1535», con il supporto dell'assessorato regionale alla Famiglia e Solidarietà sociale, sono intervenuti giovani (quasi tutte donne) dirigenti, imprenditori, professionisti che hanno presentato la loro esperienza in questo settore maturata sia in grandi che piccole aziende. La direttrice della rivista Insieme (RCS) ha presentato i risultati di un sondaggio realizzato dal sito «quimamme.it», su un campione di 970 donne che lavorano e hanno bambini piccoli, quasi tutti con meno di tre anni.

Da questo sondaggio risulta che alle loro aziende esse chiederebbero innanzitutto: il part-time (47%), un anno di congedo pagato (23%), di poter fare il telelavoro (19%) e alternare il congedo con il partner (11%). Alle istituzioni invece chiederebbero: di poter avere servizi per bambini a prezzi calmierati (34%), bonus bebè per poter stare a casa (33%) voucher da utilizzare per i nidi privati (28%) e solo il 4% voucher per baby sitter. Il 22 % sarebbe inoltre disposto a rallentare il'avanzamento di carriera per stare con i propri figli, il 18 a lasciare il lavoro, il 13 a cambiarlo totalmente. I relatori hanno spesso portato, come esempio di positiva conciliazione tra famiglia e lavoro, l'esperienza realizzata in alcuni paesi europei, tra i quali la Francia.

«Noi non siamo la Francia - ha voluto sottolineare l'assessore Boscagli - perché in Italia le competenze sul sociale sono distribuite tra più soggetti. Per fare una politica adeguata a questa realtà la Regione ha scelto la strada di riconoscere l'apporto che l'ampia rete di unità di offerta (associazioni, terzo settore volontariato) dà a questo settore».

L'assessore Boscagli ha concluso i lavori del convegno sottolineando l'importanza del contrastare quel filone culturale che sottovaluta l'importanza della famiglia e anzi la considera un peso. «L'approccio culturale che riconoscere valore sociale e culturale alla famiglia - ha detto - viene invece prima di qualsiasi politica. La famiglia è un vantaggio per tutti; senza di essa ad esempio il nostro debito pubblico esploderebbe».

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