Imprenditore ucciso, telecamere
al setaccio per trovare i killer

Le telecamere della zona industriale e del Comune hanno filmato i killer? Se sì, quelle immagini sono ancora disponibili a distanza di un mese? Sono domande a cui stanno cercando di rispondere i carabinieri che indagano sul delitto dell'imprenditore quarantaduenne Giovanni Ghilardi, scomparso da Nembro il 6 gennaio, ucciso con due colpi di pistola alla testa e trovato senza vita martedì scorso nel baule della sua auto a Gessate, nel Milanese.

I militari del reparto operativo di Monza stanno compiendo accertamenti in diverse direzioni e al momento non tralasciano nessuna pista, nemmeno quella delle telecamere, strumenti che in molti altri casi si sono rivelati utili per inchiodare gli autori di un crimine. Nella zona industriale di Gessate, dove è stato abbandonato il fuoristrada con il corpo di Ghilardi, ci sono alcune aziende che hanno un proprio impianto di videosorveglianza, mentre in paese il Comune ha piazzato 14 telecamere pubbliche. Occhi elettronici che, insieme a quelli di altri Comuni del circondario, potrebbero aver filmato il passaggio della Range Rover di Ghilardi o i volti delle persone che hanno nascosto il corpo nel baule.

L'omicidio però, come ha messo in evidenza anche l'autopsia, risalirebbe almeno ad un mese fa, forse al giorno stesso della sparizione di Giovanni Ghilardi, e quelle immagini – ammesso che esistano – potrebbero non essere più disponibili: molti impianti di videosorveglianza, infatti, non conservano all'infinito i filmati e dopo un determinato periodo li cancellano in automatico. I carabinieri stanno cercando di capire se possa esistere qualche filmato utile alle indagini nelle molte telecamere della zona di Gessate e dei comuni limitrofi.

Nel frattempo, emergono nuovi dettagli sullo stato in cui è stato trovato il corpo dell'imprenditore bergamasco. Oltre alle due ferite da arma da fuoco (non sono stati trovati i proiettili, ma solo dei frammenti) alla testa, nel corso dell'autopsia sono state rilevate alcune abrasioni sulle mani della vittima. Questo tipo di lesioni, per chi indaga, hanno due possibili significati: Ghilardi potrebbe aver avuto una colluttazione con gli aggressori e aver tentato di difendersi, oppure il corpo è stato trascinato prima di essere caricato sull'auto, elemento che potrebbe portare conferme all'ipotesi che l'omicidio è avvenuto in un luogo diverso da quello del ritrovamento.

Solo gli esami di laboratorio potranno aiutare gli inquirenti a stabilire se quelle ferite sono state provocate prima del decesso, e quindi sono da considerare segni di una colluttazione, o dopo la morte dell'imprenditore e dunque attribuibili al trascinamento del corpo. Nelle mani dei carabinieri, come era emerso nelle scorse ore, c'è anche il cellulare della vittima: a differenza dei documenti d'identità di Ghilardi, che sono spariti, il telefonino è stato trovato vicino al corpo.

È rimasto acceso per due giorni dopo la scomparsa, poi si è scaricato e si è spento. Nella memoria però potrebbe essere rimasta traccia delle ultime chiamate fatte e ricevute dall'imprenditore, dati che potranno essere estratti anche dai tabulati telefonici, già richiesti dalla procura all'operatore telefonico per avere un elenco preciso del traffico in entrata e in uscita dall'apparecchio della vittima. Se Ghilardi conosceva i suoi assassini, ragionano gli investigatori, è possibile che abbia parlato con loro al telefono, magari per fissare l'appuntamento da cui poi è scaturito l'omicidio.

Dall'analisi del cellulare potrebbe emergere qualche dettaglio anche sugli ultimi spostamenti di Giovanni Ghilardi. La rete di telefonia mobile, infatti, è suddivisa in «celle» e ogni apparecchio telefonico, man mano che si sposta sul territorio, si aggancia a una cella differente. Controllare a quali celle si è collegato l'apparecchio della vittima può aiutare dunque a ricostruire a grandi linee anche i suoi spostamenti. E.B.

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