Don Resmini: «Sui poveri
parole gravi e irresponsabili»

«Essere solo indignati per le dichiarazioni espresse in questi ultimi tempi da persone con responsabilità sociali non basta più. Chi parla con superficialità e senza rispetto dei poveri, non ne è degno, perché non li conosce e non li ha mai incontrati nel vero significato del termine.

Non hanno ancora capito, queste persone, che non dipende dal colore della pelle, né dalla nazionalità, né dalla posizione sociale l'essere titolari di diritti, ma è conseguenza dell'essere persona umana. Neppure il consenso accordato dalla maggioranza della gente a questa o quella idea politica può negare o togliere qualcosa a tale diritto.

Le persone, anche se vivono una situazione di miseria e sono vestite malamente, hanno sempre una dignità che va considerata e rispettata. Non solo: la loro condizione ci provoca e ci interpella su cosa dobbiamo fare per sconfiggere tale stato di cose.

Mi chiedo se il problema non vada affrontato a partire dalla consapevolezza che ci possano essere altre strade capaci di affrontare il fenomeno delle povertà che non siano quelle dello scandalizzarci per come i poveri si presentano, per come si incontrano per strada o del come la città si senta ferita per la loro presenza nei luoghi più frequentati dalla gente. In questa prospettiva l'incontro con i poveri è diventato un problema, motivo di ordine pubblico, paura per l'incolumità delle persone.

Ma a partire dall'accoglienza, dalla risposta ai loro bisogni di sopravvivenza e alla loro sete di relazione si rende possibile l'integrazione con la città. Senza risposte concrete ai loro bisogni, senza un accompagnamento presso agenzie ed istituzioni, senza farsi carico dei loro problemi, da soli non possono farcela. La banalizzazione privata o pubblica di ogni condizione di povertà svuota ogni serio approccio al fenomeno. «Vedo troppi straccioni per le strade che chiedono la carità, gente che in tasca non ha il permesso di soggiorno, da caricarli sul pullman e poi sui charter» sono affermazioni di enorme gravità e di irresponsabilità verso l'uomo e verso la società.

Si è avuto modo di sperimentare nel passato le conseguenze di tali dichiarazioni che sono destinate a sfociare in comportamenti di intolleranza e di emarginazione. Oggi a sostegno di una certa cultura dell'esclusione non vanno chiamate in causa le nuove generazioni che abbiamo invece il grave dovere di educare alla tolleranza e alla condivisione.

Il silenzio sulle reali possibilità in atto circa l'inclusione e l'inserimento sociale dei poveri favorisce un clima di incertezza e intolleranza. Non va dimenticato, a questo proposito, che da sempre la Chiesa ci ha indicato strade percorribili di giustizia e di sostegno verso chi fa più fatica e che tra i comportamenti gravi di responsabilità c'è l'oppressione dei poveri, siano essi zingari, stranieri o extracomunitari».

don Fausto Resmini

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