Processo tangenti a luci rosse:
l'appello da giovedì 30 a Brescia

Torna davanti ai giudici la vicenda delle presunte tangenti a luci rosse che fra il 2003 e il 2004 provocò un terremoto alla questura di Bergamo. Giovedì 29 settembre a Brescia - prima sezione della Corte d'appello - è in programma il processo di secondo grado, a due anni dalla sentenza del tribunale di Bergamo che aveva condannato 14 imputati.

Tre erano state le assoluzioni, fra cui quella dell'ex questore vicario Tommaso Conti, accusato di corruzione e associazione per delinquere finalizzata al rilascio di permessi di soggiorno a extracomunitari che non ne avevano diritto in cambio di presunti favori sessuali. Contro di lui non sono emerse prove, scrive il collegio giudicante (Gaetano Buonfrate presidente, Ilaria Sanesi e Federica Gaudino a latere) nelle motivazioni al verdetto: «Gli elementi a suo carico sono di carattere estremamente indiziario».

I sospetti su Conti si erano concentrati anche per via delle pause pranzo che l'allora questore vicario condivideva allo stesso tavolo del bar Suardi o al bar Oasi, nei pressi della questura, con altri imputati: l'imprenditore Colombo Zucchelli, l'ex compagna di quest'ultimo Camelia Moisescu, il sovrintendente capo Enzo Di Donato e Jamal Benlemlih, il marocchino reputato il motore del giro di permessi falsi che in abbreviato era stato condannato a 3 anni e 4 mesi (sentenza ribadita in appello).

Convivi che per l'accusa non erano altro che riunioni della presunta associazione per delinquere e che invece, secondo i giudici, erano «manifestazione di semplice conoscenza e amicizia». Anche perché, dicono le motivazioni, «Conti si trattiene a pranzo nel bar non unicamente - anche se forse prevalentemente - con i coimputati, ma anche con persone diverse».

Quanto ai festini a luci rosse, organizzati per ricompensare alcuni poliziotti, il collegio scrive che Conti ne era estraneo e che, anzi, quando chi aveva partecipato l'indomani si lasciava andare a commenti piccanti, l'allora questore vicario «ridendo dava loro degli animali». Dunque, per i giudici, Conti non è responsabile di corruzione. L'unica sua macchia semmai è «l'omissione di controllo inerenti pratiche di soggiorno di extracomunitari dotate di documentazione falsa, per le quali il personale della questura coinvolto veniva tacitato con prestazioni sessuali».

Per il collegio, che lo ha condannato a due anni con pena sospesa, è invece responsabile di corruzione Fernando Briganti, ex comandante della polizia stradale di Bergamo, che avrebbe frequentato gratuitamente i night di Albino e Vertova dietro il tacito accordo di chiudere un occhio su ciò che accadeva dentro i locali notturni.

Per i giudici Briganti «non poteva non rendersi conto del fatto che tanto (la frequentazione gratuita, ndr) accadeva in considerazione proprio delle sue qualità (comandante della Stradale, ndr) e della circostanza che il suo silenzio sulle attività condotte da Raele (Franco, all'epoca gestore dei due locali, ndr) veniva retribuito proprio in tal modo».

Infine, il sovrintendente capo Enzo Di Donato, che all'epoca lavorava all'ufficio immigrazione della questura e che per il pm sarebbe stato coinvolto in entrambe i filoni dell'inchiesta: quello sui poliziotti e carabinieri che frequentavano gratuitamente i night di Raele e quello che riguarda i permessi di soggiorno falsi.

I giudici motivano la condanna a 5 anni (3 indultati) spiegando che il prodigarsi di Benlemlih («che vive trattando pratiche di immigrati») in favore di Di Donato («spostandogli sistematicamente l'auto parcheggiata in zona disco orario fuori dalla questura, portando a casa sua un idraulico, regalandogli un giubbotto») è la prova della disponibilità del poliziotto a favorire le pratiche presentate dal marocchino.

La stessa cosa Di Donato avrebbe fatto con le richieste di soggiorno avanzate per le figuranti di sala dei night di Raele che non avevano diritto a una corsia preferenziale, ma che per il collegio «non sono transitate attraverso lo sportello, sfuggendo quindi a file notoriamente lunghissime e ai tempi parimenti lunghi di gestione all'interno degli uffici».

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