Alto Sebino, in quel tunnel
già sei morti e lavori non finiti

Dal 1997, quando venne aperto al traffico il tunnel «Costa Volpino» a oggi, sei persone non ce l'hanno fatta. E nel pezzo di variante che da Sovere arriva a Rogno ci sono stati altri quattro morti, uno ogni mille metri.

«Era in braccio alla mamma e riposava tranquilla, quando un tremendo scontro l'ha sbalzata dall'auto». A maggio di quattro anni fa la piccola di dieci mesi era in auto con i genitori lungo la statale 42 nella galleria «Lovere». La bimba finì in ospedale in prognosi riservata, ma se la cavò, come tante altre persone che hanno rischiato di morire nei tunnel della statale 42 tra Pianico e la Valle Camonica. Dal 1997, quando venne aperto al traffico il tunnel «Costa Volpino» (cinque anni dopo la galleria «Lovere») a oggi, però, sei persone non ce l'hanno fatta. E quando l'incubo delle gallerie è ormai alle spalle non ci si deve distrarre: in questo pezzo di variante che da Sovere arriva a Rogno, quasi dieci chilometri, ci sono stati altri quattro morti, uno ogni mille metri.

Parlando con pendolari e camionisti si scopre che ognuno ha la sua teoria per spiegare questa strage: chi incolpa le gallerie piene di curve, chi i catarifrangenti neri di polvere che non riflettono bene, chi la scarsa illuminazione. Ma per tutti oggi, sul banco degli imputati, ci sono i lavori nella galleria «Lovere», dove quasi un mese fa è morto Juri Torri.

Ciò che fa più rabbia agli automobilisti dell'Alto Sebino è che il tunnel sia stato ristretto a fine giugno «ma a oggi – raccontano – se si mettono insieme tutte le giornate di lavoro in cui si è visto qualche operaio, non si arriva a fare un mese».

La galleria «Lovere» è lunga 2.860 metri: servirebbe una manutenzione costante per tenerla in ordine, ma gli uomini dell'Anas poche volte all'anno passano da qui per pulire i catarifrangenti laterali bianchi e rossi che risultano quasi sempre coperti dalla polvere. Le lampade per l'illuminazione appese alla volta della galleria, quando bruciano e non funzionano più, rimangono spente per giorni. In alcuni punti si sono formati degli avvallamenti che il rifacimento dell'asfalto non riesce a eliminare.

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 6 novembre

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