Al Lazzaretto la Cella 65
per ricordare l'incubo della peste

Il Lazzaretto - la struttura costruita nel secolo XVI, un tempo isolata fuori dalle Mura venete e oggi accanto allo stadio comunale - era stato realizzato per rinchiudere e isolare gli ammalati del «male contagioso», la peste. Oggi il Lazzaretto, quasi completamente restaurato, ospita nelle varie «celle» le sedi di istituzioni pubbliche e associazioni.

Una delle celle, la numero 65, è stata restaurata di recente e affidata alla Fondazione Bergamo nella storia per farne un luogo della memoria. Così è stato. All'inaugurazione di sabato mattina, l'assessore ai Lavori pubblici, Alessio Saltarelli, e l'amministratore delegato della Fondazione Bergamo nella storia, Ettore Moreschi hanno ricordato che l'iter dell'iniziativa è durato alcuni anni ma ora si è arrivati felicemente alla apertura al pubblico. «Era giusto – hanno detto – dedicare uno spazio al ricordo e alla illustrazione di una pagina, sia pure triste, della storia di Bergamo».

Nella cella, ristrutturata mantenendo inalterata la struttura originaria, è stata realizzata una videoinstallazione con proiezione multimediale (durata 7 minuti, testi a cura di Silvana Agazzi) che racconta l'arrivo e la diffusione del contagio, le diatribe tra i medici, i medicamenti ritenuti «miracolosi» e i luoghi di sepoltura durante la peste, quella più terribile del 1630.

La peste del 1630 provocò, nell'arco di cinque mesi, 9.533 morti nella sola città e altri 47.322 nel territorio provinciale. A causa del numero elevato di decessi, si decise di seppellire i cadaveri non più nelle chiese ma al di fuori delle mura, tra i baluardi delle porte di San Lorenzo e di Sant'Agostino, nei cosiddetti «fopponi».

I locali sono stati benedetti da don Luciano Epis, parroco di Santa Teresa di Lisieux alla Conca Fiorita. I lavori di ristrutturazione della cella sono costati 53 mila euro, mentre altri 5 mila euro sono stati spesi per l'allestimento museale.
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