Manganelli: abbiamo il dovere di sperare
Ai familiari di Yara: abbiate fiducia

«Chi indaga ha il dovere di sperare». Risponde così il capo della polizia, Antonio Manganelli, a una domanda sull'ipotesi che Yara possa essere ancora viva. Ma, ha detto anche «chi indaga deve avere grande pazienza, raccogliere tutti gli elementi e cercare di sistemarli in modo da produrre un risultato».

«Chi indaga ha il dovere di sperare». Risponde così il capo della polizia, Antonio Manganelli, a una domanda sull'ipotesi che Yara possa essere ancora viva. Uscendo dalla questura Manganelli ha parlato con i giornalisti del caso della tredicenne di Brembate Sopra scomparsa ormai da 49 giorni: ha elogiato gli investigatori in campo, «che stanno lavorando con grande passione, mettendoci l'anima», ha ribadito che le indagini non stanno tralasciando alcuna pista, anche se quella che porta all'estero sarebbe la meno privilegiata, e ha sottolineato che chi indaga «deve avere grande pazienza» per sistemare i vari tasselli di un mosaico, all'inizio insignificanti ma che potrebbero diventare, dopo giorni o mesi, «strategicamente fondamentali». E ha concluso: «Io un'idea ce l'ho, ma non ritengo di doverla dire, perché queste impressioni dovrebbero essere comunicate da chi è preposto a fare questo».

In merito all'indagine, Manganelli ha spiegato che «gli investigatori hanno il dovere di individuare la causa di questa scomparsa e colui o coloro che hanno sottratto questa ragazza. Devono raccogliere un quadro indiziario per consentire uno sviluppo processuale». Ma a che punto sono le indagini? «Come possono e devono dirvi gli investigatori – ha risposto il capo della polizia – le indagini stanno seguendo qualsiasi pista: io posso esprimere la fiducia che tutto quello che è stato fatto, non sarà lasciato senza sviluppo». Ha proseguito: «L'investigazione è un grande mosaico, dove si raccolgono tessere apparentemente insignificanti, ma che diventano, dopo giorni o mesi di indagini, strategicamente fondamentali. Chi indaga deve avere grande pazienza, raccogliere tutti gli elementi e cercare di sistemarli in modo da produrre un risultato. Io che vengo dal mondo delle investigazioni, anche se oggi faccio un mestiere diverso, posso testimoniare che tutti gli investigatori impegnati in questo caso stanno lavorando molto bene».

Ma cosa si sente di dire il capo della polizia ai genitori di Yara? «La mia personale testimonianza – ha risposto –, più che nell'attuale funzione di capo della polizia, nella mia esperienza di decenni di investigazioni anche nel campo delle scomparse e dei sequestri di persona, è quella di aver avuto da chi indaga il racconto appassionato di quanto è stato finora raccolto o scartato e di quanto si sta sviluppando. La mia testimonianza per la famiglia è quella di una professionalità che deve essere un elemento di fiducia: non sarà lasciato nulla di intentato di ciò che materialmente si può fare. Stanno lavorando con grande impegno e amore: ho visto in loro una componente passionale ed emotiva. Ci stanno mettendo l'anima e questo è il valore aggiunto di un'indagine».

Quanto ai tabulati telefonici, «per gli investigatori moderni rappresentano una tessera importante del grande mosaico dell'investigazione. Siamo in contatto con le polizie di 188 Paesi che hanno indagano ogni giorno sulle nostre persone scomparse. Non ritengo che questa possa essere una pista privilegiata, ma siccome non bisogna lasciare nulla di intentato, è doveroso seguire anche una pista che non si ferma al nostro Paese».

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