Quiz patenti non tradotti
Stranieri in fuga dalle autoscuole

«Quello dell'integrazione è un problema reale e la conoscenza dell'italiano è senz'altro un fattore imprescindibile per realizzarla. Ma se vogliamo farne la condizione per guidare un veicolo, dobbiamo anche essere consapevoli dei rischi che questa scelta comporta». Non usa mezzi termini Josta Brolis, titolare dell'omonima autoscuola di largo Tironi, che ormai da anni è frequentata da cittadini extracomunitari in cerca delle condizioni ideali per conseguire la patente di guida.

«Da quando, a gennaio, sono entrati in vigore i nuovi quiz, privi della traduzione nelle lingue delle nazioni Onu, i clienti stranieri sono quasi completamente scomparsi: per loro la possibilità di superare quell'esame in lingua italiana è praticamente nulla». Un ostacolo che mette anche le autoscuole con le spalle al muro e le costringe spesso a rinunciare alla clientela: «I nuovi quiz – continua Brolis – di per sé sono anche migliorati e hanno eliminato tutti quegli inutili trabocchetti che non certificavano alcuna competenza; ma il linguaggio è inevitabilmente tecnico e, per chi non conosce a fondo l'italiano, non c'è alcuna possibilità di superare la teoria. Cosa devo fare? Tenerli qui per un anno intero, costringendoli a spendere un sacco di soldi fino a quando non parlano italiano? Non ci penso nemmeno! Appena un extracomunitario entra in autoscuola gli faccio leggere una pagina del giornale e, se non la capisce, gli dico di lasciar perdere: non me la sento di costringerlo a questo calvario».

In effetti, lo studio e il ricorso a qualche guida di prova erano elementi fondamentali per correggere lo «stile di guida» di molti cittadini extracomunitari che, già capaci di condurre un veicolo, lo facevano in un modo adeguato alle strade e alle regole del loro Paese d'origine, ma che nulla ha a che fare con la guida corretta sulle strade italiane. «Molte di queste persone – continua Drago – sono convinte di saper già guidare ma, appena si mettono al volante, c'è da mettersi le mani nei capelli. Se ora, a causa dell'impossibilità a superare l'esame in italiano, rinunciano a ottenere la patente e si mettono per le strade con documenti falsi o con altri stratagemmi, abbiamo perso la possibilità di istruirli su come si guida in sicurezza. E questo è un danno per tutti».

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 10 marzo

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