Solo sei leghisti a Montecitorio
Ma a guidarli c'è Umberto Bossi

Alla fine sono solo in sei i leghisti nell'aula di Montecitorio per le celebrazioni dell'Unità d'Italia. Ma a guidarli è Umberto Bossi, e questo - per il leader del Carroccio - dovrebbe bastare a chiudere le polemiche: «Ci sono io».

Alla fine sono solo in sei i leghisti nell'aula di Montecitorio per le celebrazioni dell'Unità d'Italia. Ma a guidarli è Umberto Bossi, e questo - per il leader del Carroccio - dovrebbe bastare a chiudere le polemiche: «Ci sono io».

Non solo: il leader leghista si è alzato in piedi per l'inno di Mameli, ha applaudito il discorso di Giorgio Napolitano, e al capo dello Stato ha riconosciuto di essere «una garanzia». Ma Bossi l'Inno non lo ha cantato e anzi ha provato a chiacchierare con Tremonti, al bavero portava il trifoglio irlandese perché oggi è anche San Patrizio, e sulle coccarde tricolori ha ironizzato così: «Si usano a Natale».

Insomma, la Lega ha provato a tenere insieme la lotta e il governo: presenti ma in pochi, corretti con Napolitano ma sarcastici sul resto. E con un Bossi insolitamente parco di parole con i giornalisti, che non risponde alle domande sui passaggi di Napolitano e Fini sulla Lega. Una linea che però lascia perplessi alcuni parlamentari oggi assenti: «Se ce lo avessero chiesto - dice più di un deputato - non avremmo avuto problemi a esserci».

Fatto sta che ad ascoltare il capo dello Stato c'erano solo Bossi, Maroni e Calderoli, il sottosegretario all'Economia Sonia Viale e i deputati Sebastiano Fogliato e Stefano Allasio. Una contabilità su cui il capo dello Stato commenta così: «Non li ho contati, chiedete a loro».

Ma che scatena l'opposizione: «Chi giura sulla Costituzione e sulla bandiera o è coerente o va a casa, e il presidente del Consiglio deve rendere conto», dice il segretario Pd Pierluigi Bersani.

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