«Mamma, mi hai abbandonato
Ma ora, dopo 46 anni, ti cerco»

Se in questa data, il 3 settembre 1964, riconoscesse una pagina della sua vita mai più cancellata dal suo cuore. Se solo sapesse che quella bimba lasciata in ospedale appena partorita l'ha resa nonna di due bellissimi gemelli.

Se in questa data, il 3 settembre 1964, riconoscesse una pagina della sua vita mai più cancellata dal suo cuore. Se solo sapesse che quella bimba lasciata in ospedale appena partorita l'ha resa nonna di due bellissimi gemelli. Se leggendo questa storia riconoscesse in questi occhioni neri i tratti di sua figlia, per lei non ci sarebbe altro che il perdono. E la gioia di sentirsi ringraziare per averle dato la vita, comunque.

Angela Maria Favaro oggi vive a Spirano, è nata il 3 settembre 1964 agli Ospedali Riuniti di Bergamo e non ha mai visto la sua mamma naturale. Ma ha avuto «due genitori splendidi che mi hanno riempito di amore e tenerezza». L'hanno «presa» dall'orfanotrofio sulla collina dietro l'Ospedale Maggiore che aveva 15 mesi, insieme hanno formato la famiglia Favaro, a Urgnano.

L'avevano chiamata Angela, perché quello era il nome della suora che curava il suo gruppetto di bimbi. «Angela Medotti, un cognome di fantasia, penso - spiega -, il secondo nome, Maria, è quello di mia mamma, Maria Nesi di Azzano San Paolo. Se n'è andata a 81 anni lo scorso febbraio, dopo avermi dato, per una vita, tutto l'amore possibile. È stato dopo la sua scomparsa che mio marito ha preso in mano il mio desiderio, per la verità mai sviluppato in azione, di conoscere la mia madre naturale». Così ha scritto al nostro giornale ed eccola qui a cercare la sua mamma.

«Vorrei solo avere la possibilità di conoscerla - spiega -. Certo, un po' di risentimento verso di lei c'è: non so perché mi abbia abbandonata appena nata. Però non voglio partire con questo piede, ora una spiegazione me la posso anche dare, ma vorrei sentirmela dire da lei». Un perché, ma anche un comunque: «Comunque mi ha dato la vita e la ringrazio, non so il seguito della sua storia, della sua vita, ma a me l'ha data».

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