Un'altra laureata risponde a Capozzi
«Non si sottovaluti il lavoro in nero»

Dopo la lettera della giovane laureata che lavora come cameriera, un'altra laureata scrive in risposta al commento pubblicato su L'Eco di Bergamo del consigliere di Federalberghi Piercarlo Capozzi.

«Buongiorno, scrivo in risposta alla lettera del signor Capozzi, consigliere di Federalberghi. Bene, mi presento laureata in turismo a Milano, impiegata in un'azienda bergamasca che però nulla ha a che vedere col turismo (dopo vari colloqui in cui veniva analizzato innanzitutto la mia predisposizione a diventare mamma, la laurea che all'epoca era ben poco vista di buon occhio per un primo lavoro nel turismo qui a Bergamo, sono stata presa con agenzia interinale per un anno in un'azienda "normale", tastando con mano la precarietà di una posizione che aspira a un'assunzione, e poi, per fortuna, assunta).

Mi spiace molto che lei abbia puntato il dito contro la ragazza, mi spiace che non abbia colto il fatto che è costretta a LAVORARE IN NERO e che da qui si spiega facilmente che la problematica che la porta a sentire il lavoro umiliante (continue minacce di essere lasciata a casa da un momento all'altro? Nessun diritto? Costretta al silenzio per qualunque argomento, pur di non perdere quella piccola entrata che con tanta difficoltà si è trovata), inutile (che carriera si può fare in nero? Che aspirazioni? Che tipo di apprezzamenti potrà mai ricevere per il lavoro da lei fatto? ) e misero (credo che il rimborso spese non sia molto incentivante) derivi dalla cattiva gestione dei responsabili di questo esercizio.

Spero che indaghi per capire di che esercizio si tratti e che li obblighi, come membro di Federalberghi, a regolarizzare la ragazza (se mai avrà il coraggio di farsi riconoscere e mettere a repentaglio questo lavoro), poichè mi sembra di aver capito che l'esercizio in questione non dovrebbe avere problemi data la sua importanza nella bergamasca. Credo infine che gli aggettivi usati siano i più adatti per esprimere la situazione che è costretta a vivere per colpa di professionisti che sfruttano il suo lavoro e le sue capacità.

Mi permetta una battuta sarcastica, ma credo che neanche lei sia in grado di essere un datore di lavoro capace di motivare e far sentire realmente importante una cameriera laureata "assunta" in nero nel week end. Tutti i responsabili di esercizi alberghieri dovrebbero essere bravi gestori del personale come lo è stato lei nel passato, ma purtroppo in questo caso platealmente non lo sono, bisogna combattere il sommerso nel turismo. Sono la prima a pensare che qualunque lavoro che sia in grado di garantirti la sopravvivenza sia, al giorno d'oggi, da abbracciare con gratitudine, ma che almeno esso sia un lavoro non di sfruttamento. Questa ragazza non ha chiesto di guadagnare chissà che cifra, di trovare chissà quale lavoro... nella sua lettera solo la rabbia di non essere riuscita a trovare un lavoro quantomeno regolare. Di sentirsi di avere la testa e le capacità per svolgere mansioni adatte ai suoi studi.

Noi giovani stiamo dimostrando in realtà tanta tenacia, tanta umiltà a svolgere mansioni di qualsiasi tipo e purtroppo nulla di tutto ciò ci viene riconosciuto. Abbiamo però anche il diritto di farci sentire quando si oltrepassa il limite tollerabile. Quando i datori di lavoro non sono limpidi, quando il lavoro non c'è, quando le nostre fatiche di anni di studio vengono vanificate e siamo costretti a svolgere mansioni che nulla hanno a che fare con la nostra specializzazione. Comunque certo: a questa ragazza poteva andare peggio, perchè c'è sempre una situazione peggiore della tua se vogliamo ben vedere. Ecco, credo che la sua lettera come consigliere di Federalberghi poteva affrontare il problema in modo meno superficiale, incitando gli esercizi del suo settore a dare spazio a contratti regolari, a incentivazione del personale e soprattutto di investire nei giovani».

E.T.

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