Cameriera laureata, la Cgil:
precarietà nel lavoro, e nella vita

«Ho letto con grande interesse e partecipazione la lettera della giovane laureata bergamasca e tutte le risposte». Così Giuseppe Errico, del Nidil-Cgil di Bergamo, sindacato degli atipici. «Una precarietà nel lavoro che diventa precarietà nella vita»

«Ho letto con grande interesse e partecipazione la lettera della giovane laureata bergamasca e tutte le risposte che le sono arrivate». Così Giuseppe Errico, del Nidil-Cgil di Bergamo, il sindacato dei lavoratori atipici, a proposito del dibattito racconto della giovane laureata bergamasca che lavora come cameriera in nero.

«Qualche considerazione - scrive Errico - viene quindi naturale. Comprendo le motivazioni che portano un giovane laureato a desiderare di avere una possibilità, partendo dalla gavetta, per poter dimostrare quanto si vale e percorrere il proprio percorso professionale nel campo in cui si ha studiato per tanti anni. Non mi sembra così irragionevole, dopo che da ogni parte si insiste, giustamente, sull'importanza della formazione e della scuola, chiedere di avere una chance per mettere a frutto quanto con fatica e impegno si è appreso».

«Capita spesso invece che, anche nei nostri uffici, ci venga raccontato di stage poco o per nulla formativi che alla scadenza lasciano a piedi. O ancora di contratti di lavoro occasionale protratti nel tempo e sempre con pochi diritti e poche tutele. O ancora Partite Iva, contratti a progetto e mille altre forme di lavoro poco tutelate e, spesso, poco retribuite».

«Contratti che - dice Errico - corrono verso la loro naturale scadenza e che finiscono per abbinare la precarietà nel lavoro con la precarietà nella vita. Giovani e meno giovani che hanno abbandonato l'idea – non di sottoscrivere un mutuo – ma semplicemente di iniziare a progettare l'acquisto di una casa in un qualche anno».

«Non credo - dice il sindacalista - che qui si tratti di “aver voglia di lavorare” o di “voler iniziare dalla gavetta”. Qui si tratta di poter fare la gavetta, di poter aver l'opportunità di ottenere un minimo di garanzie dopo aver dimostrato la propria competenza e voglia di mettersi in gioco».

«E in tutto questo l'umiliazione non credo si riferisca al tipo di lavoro. Ma al lavoro nero: senza diritti, senza prospettive, senza neppure un riconoscimento. Ogni lavoro ed ogni lavoratore sono importanti. Ma questo a condizione di saperli valorizzare, formare e incentivare. Mi sembra invece che la nostra società sia sempre meno in grado di valorizzare, formare e incentivare i molti giovani che – con grinta e tenacia – affrontano i primi passi nel mondo del lavoro in questo ciclo economico così difficile».

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Sono molte le mail arrivate alla Redazione Web de L'Eco di Bergamo per commentare la storia della giovane bergamasca laureata che, non trovando un impiego consono ai suoi studi, sta lavorando come cameriera in un ristorante di lusso. Molti i commenti alla lettera.

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