La lettera di Capozzi (Federalberghi)
Più rispetto per chi fa la cameriera

«Gentile Redazione, chiedo di poter rispondere alla laureata che sta facendo la cameriera. Non entro nel merito dei suoi desideri e delle sue aspirazioni, legittime, ma c'è una frase, nella sua lettera, che non posso certamente condividere».

«Gentile Redazione, chiedo di poter rispondere alla laureata che sta facendo la cameriera. Non entro nel merito dei suoi desideri e delle sue aspirazioni, legittime, ma c'è una frase, nella sua lettera, che non posso certamente condividere. La signorina scrive: «Tutto ciò che sono riuscita a trovare è un misero, inutile e umiliante lavoro in nero come cameriera in un ristorante della "Bergamo che conta"».

«Forse il suo attuale stato di frustrazione ne ha un poco obnubilato il pensiero. Ed è un'attenuante che le concedo volentieri. Veda, signorina, da 39 anni, avendo iniziato molto giovane, assumo personale nell'albergo che dirigo e l'ho fatto, contemporaneamente, per tanti anni in altra importante struttura di famiglia: ho avuto quindi decine e decine di cameriere, di sala e nei piani, al mio fianco e le posso assicurare che nessuna di loro ha mai considerato "misero, inutile e umiliante" il lavoro che stava affrontando».

«E le parlo di ragazze e madri di famiglia che devono affrontare quotidianamente il servizio in sala o il riassetto di camere e la pulizia dei bagni, ma lo fanno consapevoli che si tratta di un impiego decoroso e onesto, e che devono solo trovare un datore di lavoro capace di motivarle, farle sentire importanti quali sono e non pagarle in nero».

«Veda, signorina, mi sono molto battuto perché la "cameriera ai piani" era l'unica mansione a non prevedere, nel contratto nazionale del Turismo, la possibilità di un contratto di formazione. La trovo un'incongruenza grave e immotivata. Perché considero le mie cameriere un punto di forza irrinunciabile per la mia azienda: perché possiamo essere gradevoli all'accoglienza ed efficaci nella comunicazione, ma se un cliente trova la stanza mal riassettata, lo perdiamo con certezza».

«Lei mi parla di lavoro "umiliante" nonostante serva ai tavoli di un ristorante di notevole levatura: cosa dovrebbero dire le centinaia di sue "colleghe" che, per arrotondare come lei, il sabato e la domenica sgobbano nelle trattorie superaffollate dove si sa quando si comincia e non si sa quando si finisce?»

«È sacrosanto che tutti dovrebbero riuscire ad operare nel campo per il quale hanno studiato. Le auguro quindi, di cuore, di trovare quanto prima una collocazione che la soddisfi. Nel contempo, da laureata in lettere, le chiedo solo di mettere più attenzione nella scelta degli aggettivi».

Pier Carlo Capozzi
Consigliere Federalberghi Lombardia

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