Il sindaco e il Palazzo del Podestà
«Speriamo di non doverlo vendere»

Il Comune spera «non sia necessario vendere il Palazzo del Podestà». Lo scrivono il sindaco Franco Tentorio e la Giunta in una lettera indirizzata ad associazioni e comitati di cittadini che hanno sottoscritto un appello per non vendere il Palazzo.

Il Comune spera «non sia necessario vendere il Palazzo del Podestà». Lo scrivono il sindaco Franco Tentorio e la Giunta comunale in una lettera indirizzata a: Associazione Per Città Alta, Centro Culturale Nuovo Progetto, Comitato Cittadini di Città Alta e Colli, Fondazione Serughetti La Porta, Italia Nostra Onlus.

Nella lettera sindaco e giunta ribadiscono la loro attenzione al'appello ai cittadini rivolto dalle associazioni per il «no» alla vendita del Palazzo del Podestà in Piazza Vecchia.

«Con molta chiarezza - aggiunge la missiva - dobbiamo però dirVi che il Vostro pur appassionato appello deriva da un ragionamento incompleto perché non tiene conto delle gravissime esigenze di bilancio del Comune di Bergamo. Come già abbiamo chiaramente detto più volte, il Patto di Stabilità che ci viene imposto ci obbliga a enormi sacrifici. In sintesi siamo in grado solo di sostenere le manutenzioni straordinarie (che non possono essere ridotte al di sotto del limite fisiologico di 12 milioni di euro all'anno. D'altro canto le strade, i marciapiedi, le scuole, gli edifici pubblici della Città non possono assolutamente essere lasciati deperire)».

«Dopo di ciò, qualsiasi nuova opera pubblica deve essere pagata attraverso la vendita di beni comunali non strategici. Certamente prima venderemo altri immobili comunali, come L'Europan di Celadina e diversi uffici e abitazioni minori non utilizzati, così come almeno parte delle azioni possedute in A2A (sperando che risalgano dalla attuale pessima quotazione in borsa; ricordiamo però che avere meno azioni A2A significa a partire dall'anno successivo meno dividendi e quindi meno disponibilità per le spese correnti, dai servizi sociali a quelli culturali e scolastici».

«Ma finiti questi beni vendibili, non possiamo bloccare le opere pubbliche della Città. Citiamo — a solo titolo di esempio — i 3,6 milioni della Carrara, i quasi 4,0 milioni della piazza della stazione e della stazione autolinee, il milione della scuola Petteni, gli 8,7 milioni della tangenzialina di Borgo Palazzo (che risolverebbe i problemi gravosi del traffico di Boccaleone) e poi 1,6 milioni della Scuola dell'Infanzia in via Lotto, 4,3 milioni della risalita per Città Alta, 1,5 milioni della nuova Scuola dell'Infanzia di via Daste e Spalenga, 1,5 milioni del nuovo Asilo nido di Loreto. E non abbiamo citato tante, tante altre opere pubbliche, piccole medie e grandi, in centro e nei quartieri, che sono esigenze obiettive della gente».

«Chi ha un gioiello (che fra l'altro usa poco) e deve costruire la casa per i figli cosa deve fare? Tenere il gioiello o fare la casa dei figli? Come può il Comune bloccare le sue opere pubbliche, pur di tenersi un bene di lusso?»

«Speriamo comunque fortemente - è la conclusione della lettera - non sia necessario vendere il Palazzo del Podestà perché un'attenuazione del Patto di Stabilità per i comuni sani come Bergamo potrebbe consentirci almeno di usare i nostri soldi. Ricordo che abbiamo 80 milioni di euro in cassa non utilizzabili e abbiamo 8 milioni di avanzi del 2010 che non possiamo spendere. Frattanto — come già chiaramente detto sia in Consiglio comunale che sulla stampa - non si dà inizio a nessuna procedura di vendita del palazzo del Podestà. Speriamo in un futuro migliore, come merita un Comune virtuoso come il nostro».

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