Il vescovo Beschi: «La Terra Santa
è un viaggio nel mondo interiore»

«Avevo paura di questo pellegrinaggio perché questo è il pellegrinaggio. Lo scorso anno siamo stati in Austria, un pellegrinaggio in luoghi mariani con il culmine al santuario di Mariazell. È stato come una preparazione. Adesso siamo in Terra Santa». Parole del vescovo Beschi.

«Avevo paura di questo pellegrinaggio perché questo è il pellegrinaggio. Lo scorso anno siamo stati in Austria, un pellegrinaggio in luoghi mariani con il culmine al santuario di Mariazell. È stato come una preparazione. Adesso siamo in Terra Santa».

Il vescovo, monsignor Francesco Beschi, parla in questo atrio di albergo a Gerusalemme, è sera, i pellegrini sono stanchi perché il viaggio è ormai alla fine e tutte le giornate sono cominciate alle sei e finite a sera tardi. E ogni giorno ci sono stati luoghi, preghiere, emozioni forti.

Spiega il vescovo: «La Terra Santa è qualcosa di unico che si intreccia con il tuo mondo interiore, con la tua fede, la tua speranza. Quando vieni qui come prete, come laico, come vescovo, non puoi non pensare intensamente a quello che qui è successo. E le narrazioni lontane nel tempo e nello spazio si fanno di colpo presente».

«Il presente di luoghi che sono rimasti. Sei a Nazareth e vedi i resti di quel villaggio di duemila anni fa che davvero c'era. E vedi quello che rimane della casa di una donna del villaggio che con tutta probabilità, anche dal punto di vista scientifico, era proprio la casa di Maria. E poi a Cafarnao vedi gli scavi effettuati dai frati francescani a partire dall'Ottocento e ti ritrovi davanti il villaggio di duemila anni fa e comprendi che anche questo c'è, esiste. Così la casa di Pietro che anche da un punto di vista archeologico è molto plausibile che fosse davvero la sua casa… Tutto torna. E questo non può ogni volta colpirti».

Il vescovo Francesco afferma che la fede è un discorso intimo, certo, ma che «anche di queste cose si alimenta, con questa realtà deve farci i conti. Alla fine quello che conta è comunque il nostro atteggiamento interiore, la nostra disponibilità a guardare, ad aprirci, a lasciarci andare ai luoghi, alle Parole, alla conoscenza. E poi alla preghiera, alla meditazione. Alla ricerca spirituale. Comunque, in un modo o in un altro, chiunque viene qui è in ricerca di qualcosa, sempre. Io sono diverso rispetto al me stesso di trenta anni fa, ma il senso della ricerca rimane. Forse oggi è più incarnata, più riguardante la relazione tra la verità evangelica e la vita, la quotidianità».

Qual è il senso ultimo di questo pellegrinaggio diocesano in Terra Santa, di questo camminare di trecentocinquanta persone da un luogo all'altro della Terra Santa? Risponde il vescovo Francesco: «La ricerca di ciascuno, senza dubbio, di ciascuno nell'intimità della sua fede. Ma anche la preghiera. La preghiera per le tre grandi religioni che si concentrano qui e qui si riconoscono possano trovare nella loro profondità un punto di incontro, di dialogo, di amicizia. E perché la Chiesa di Bergamo colga gli elementi di novità del mondo e prenda spunto anche da questi per rilanciare la sua testimonianza, la sua missionari età, la sua apertura, accoglienza del mondo».

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