Madri segrete: venti all'anno
rinunciano ai propri figli

In Italia sono almeno 400 l'anno, a Roma nel 2010 sono stati 60, nella Bergamasca le stime parlano di una media di 10, massimo 20 casi l'anno: sono i parti delle «mamme segrete», ovvero le donne che decidono dopo il parto di non riconoscere il proprio figlio.

In Italia sono almeno 400 l'anno, a Roma solo nel 2010 sono stati 60, nella Bergamasca le stime parlano di una media di 10, massimo 20 casi l'anno: sono i parti di quelle che vengono chiamate «mamme segrete», ovvero le donne che decidono dopo il parto di non riconoscere il proprio figlio, come previsto dalla legge italiana, e di dargli l'accesso all'adozione.

Dal 2004 al 2011, solo agli Ospedali Riuniti di Bergamo, la più grande struttura ospedaliera della provincia, con oltre 4.000 parti l'anno, le «mamme segrete» sono state in tutto 35, con oscillazioni di medie annue tra i 5 e gli 11 casi.

«Se si dice che in Italia queste donne che non riconoscono i figli dopo la nascita sono in aumento, a Bergamo la situazione sembra invariata negli anni - sottolinea Patrizia Ghilardi, responsabile per la Direzione professioni sanitarie del Dipartimento materno infantile e pediatrico dei Riuniti -. Ma mi piace evidenziare che almeno da noi, tra il 2004 e il 2011, sono state almeno il doppio delle 35 "segrete" le mamme che nel corso della gravidanza erano intenzionate a non riconoscere i figli e poi hanno cambiato idea, seguite dalle operatrici, dalle associazioni di sostegno alla maternità».

«Donne che hanno trovato la rete di aiuto che le ha portate a ribaltare la loro scelta. A dimostrazione del fatto che per queste mamme segrete la scelta di rinunciare al figlio è sempre un dolore fortissimo, anche se hanno un partner: a volte non basta il sostegno di un compagno, per affrontare una maternità in una situazione complessa. Comunque queste donne devono, per legge, essere sempre informate che oltre al non riconoscimento c'è la possibilità di essere ospitate in una casa-famiglia con il neonato, se esistono problematiche, e che hanno 3 mesi per ripensarci».

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