L'omicidio di Mornico al Serio:
8 fermati, sono tutti giovani

Il cerchio si è chiuso, e i presunti assassini di Ervis Tafa, l'albanese ucciso in una sparatoria il 3 dicembre a Mornico, ora sono in carcere. I carabinieri del comando provinciale di Bergamo hanno dato esecuzione a 8 decreti di fermo di indiziato di delitto.

Il cerchio si è chiuso, e i presunti assassini di Ervis Tafa, l'albanese di 24 anni di Milano ucciso in una sparatoria il 3 dicembre 2010 a Mornico al Serio, ora sono in carcere. Nelle prime ore di martedì 27 settembre i carabinieri del comando provinciale di Bergamo hanno dato esecuzione a 8 decreti di fermo di indiziato di delitto e a 15 perquisizioni domiciliari a carico dei componenti di vari gruppi criminali dediti al racket della prostituzione lungo la strada fra Mornico e Bergamo.

La notizia dell'arresto di due persone, due romeni residenti nel Sebino, era trapelata nella giornata di mercoledì: fra gli arrestati il più giovane ha appena 23 anni, il più anziano un 39; si tratta di cittadini romeni e albanesi.

L'attività investigativa - spiega una nota - ha avuto inizio subito dopo l'omicidio, maturato a seguito di contrasti circa la divisione del territorio per la collocazione delle prostitute. Due fazioni si erano violentemente fronteggiate, speronandosi con autovetture ed ingaggiando una fitta sparatoria, durante cui aveva perso la vita Ervis Tafa, un operaio albanese allora appena 24enne, ed altri due connazionali erano rimasti feriti.

Le indagini hanno rapidamente permesso di identificare gli autori materiali dell'omicidio: I.S., 36enne romeno, catturato lo scorso 12 marzo, e A.C., 37enne romeno, catturato il successivo 16 marzo.

Questo aveva permesso di svelare anche le dinamiche e gli altri protagonisti dell'articolato racket della prostituzione nella Bassa. Sono anche stati scoperti di veri e propri «subappalti», tra i diversi gruppi criminali, delle piazzole di sosta su cui venivano costrette a prostituirsi le giovanissime ragazze romene, dai 18 ai 25 anni.

Irretite con la promessa di un lavoro pulito, all'arrivo venivano immediatamente private dei documenti di identità e avviate alla strada, consentendo agli sfruttatori profitti mensili di oltre 80.000 euro.

A conclusione dell'attività d'indagine i fermati sono stati associati in diverse case circondariali del Nord Italia con l'accusa, a vario titolo, di sfruttamento, induzione e agevolazione della prostituzione, omicidio, tentato omicidio e porto di armi clandestine, a disposizione della Procura della Repubblica di Bergamo che ha diretto le indagini.

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