«La dura vita del carcere
rispetti la dignità umana»

Il vescovo Francesco Beschi ha visitato i detenuti del carcere di Bergamo. Un incontro denso di significato: «Le vostre parole, attraverso di me, prenderanno il volo: le porterò a quanti incontrerò per far conoscere la situazione di chi vive in carcere».

«Le vostre parole, attraverso di me, prenderanno il volo: le porterò a quanti incontrerò per far conoscere la situazione di chi vive in carcere. Nel rispetto della dignità umana, la detenzione non deve diventare una doppia pena, a causa delle dure condizioni di vita»: così il vescovo Francesco Beschi, citando le parole di Papa Benedetto XVI, recentemente a Rebibbia, si è rivolto ieri ai detenuti e alle detenute della Casa circondariale di Bergamo.

Il vescovo ha ricordato che la visita del pontefice ai detenuti di Rebibbia è stata particolarmente significativa «per il modo in cui si è svolta: il Papa ha ascoltato le richieste dei detenuti e ha risposto loro in modo spontaneo; in secondo luogo l'incontro ha avuto una grande risonanza sull'opinione pubblica».

Il vescovo Beschi ha ascoltato con attenzione quanto scritto nella lettera delle detenute della sezione femminile che hanno ringraziato «per il conforto e sostegno morale dato dalla sua presenza». «Non nascondiamo – continua lo scritto – di aspettare con ansia l'amnistia di cui tanto si parla, anche se non risolverà il problema del sovraffollamento nelle carceri, problema meno pressante nella sezione femminile dove le celle sono aperte durante il giorno con maggiori spazi di movimento».

Sulla questione legata alle novità legislative introdotte recentemente si sono espressi il direttore della Casa circondariale di Bergamo Antonino Porcino e il magistrato di Sorveglianza Monica Lazzaroni: «Il prolungamento da 12 a 18 mesi della detenzione domiciliare, come residuo della pena da espiare, è poco significativo: spesso i detenuti non soddisfano il criterio richiesto dell'idoneità alloggiativa». Secondo Porcino, infatti, «potrebbero essere un centinaio i detenuti a Bergamo interessati a questo provvedimento, ma molti di loro non dispongono di un domicilio». Per il magistrato Lazzaroni la vera innovazione legislativa dovrebbe riguardare le pene alternative al carcere, non per «buonismo, ma perché la detenzione in alcuni casi non è di alcuna utilità sociale».

La posizione è condivisa da Porcino, per il quale nella situazione attuale si deve lavorare per «migliorare la qualità di vita nel carcere», intessendo rapporti virtuosi con il mondo esterno per preparare anche il reinserimento nella società. «Un lavoro, un'abitazione sono i bisogni di chi torna libero – spiega Valentina Lanfranchi del comitato Carcere e territorio –. Ma sono necessari fondi». Un appello diretto è stato lanciato al vescovo perché «telefoni a Roberto Formigoni per invitarlo a rifinanziare la Legge regionale 8», che sostiene interventi negli ambiti dei servizi sociosanitari e della formazione professionale per persone detenute.

Lo scambio di auguri è stato occasione per ringraziare le realtà del territorio che collaborano con la Casa circondariale: oltre a Carcere e territorio, l'Asl, rappresentata dal direttore sanitario Giorgio Barbaglio, i Riuniti con il direttore sanitario Laura Chiappa, l'Opera Pia Caleppio Ricotti con Augusto Medolago, l'Università con Ivo Lizzola, gli educatori e i docenti della scuola, tutti i volontari oltre al personale della polizia penitenziaria. Particolarmente caloroso e affettuoso il saluto rivolto a don Virgilio Balducchi che lascia l'incarico di cappellano dopo vent'anni per andare a ricoprire il ruolo di ispettore generale dei cappellani a Roma. «Sono io che vi ringrazio – ha detto commosso ai detenuti –. Mi avete aiutato a fare il prete».

Laura Arnoldi

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