Le missioni bergamasche
L'impegno non si ferma

L'impegno missionario della Chiesa di Bergamo non si ferma. Lo ha stabilito la mozione approvata venerdì sera dal Consiglio pastorale diocesano. L'impegno missionario della diocesi di Bergamo festeggia i cinquant'anni di impegno.

L'impegno missionario della Chiesa di Bergamo non si ferma. Lo ha stabilito la mozione approvata venerdì sera dal Consiglio pastorale diocesano. L'impegno missionario della diocesi di Bergamo festeggia i cinquant'anni di impegno da quel lontano 1962 quando i primi missionari bergamaschi raggiunsero la Bolivia avviando con il Paese sudamericano una relazione lunga e proficua che continua ancora oggi. L'impegno missionario va avanti e allo stesso tempo continua un altro tipo di missionarietà sviluppata in questi ultimi anni, la missionarietà rivolta ai migranti, alle decine di migliaia di persone che hanno lasciato il loro Paese e raggiunto la nostra terra.

Secondo i dati forniti dalla Caritas diocesana si è passati dal 2002 allo scorso anno da 30 mila a 140 mila immigrati di cui gran parte cattolici. Il consiglio pastorale diocesano si era aperto ieri sera con la lettura della mozione sull'impegno missionario diocesano e con le parole del vescovo, monsignor Francesco Beschi, che ha voluto sottolineare alcuni punti della mozione, in particolare l'aspetto spirituale di questo impegno, l'importanza di un rapporto di collaborazione fra le chiese che porti a una cooperazione vera e propria che sia «profonda e consapevole».

E poi il vescovo ha accennato all'importanza della missionarietà in casa propria «qui e ora». Missionarietà anche nei confronti di coloro che sono emigrati nella nostra provincia. In particolare dei tanti cattolici che non sempre hanno trovato una facile accoglienza, neppure nelle parrocchie. Significativa la testimonianza portata da Isidora Vejarano, donna peruviana immigrata in Italia vent'anni fa. Ha detto Isidora durante il consiglio pastorale: «Trovai subito un lavoro come badante, di notte, poi venni assunta dalle suore Orsoline di Somasca nella casa di riposo di Ponte San Pietro. Andavo a messa la domenica in parrocchia a Ponte San Pietro. Difficilmente qualcuno si sedeva accanto a me. Quando ci si doveva scambiare il segno della pace, nessuno mi porgeva la mano. Una volta andai a chiedere aiuto al parroco per una madre che non aveva latte da dare al figlioletto. Il parroco ci disse che dovevamo rivolgerci alla Caritas di Bergamo. Io in Perù ero impegnata in parrocchia, facevo catechismo. Pensavo all'Italia come a un modello, alla terra della Chiesa, di San Pietro, del Papa. Fu una delusione profonda, avevo trovato una chiesa triste e chiusa. Poi, grazie anche alle suore, sono arrivata alla parrocchia di S. Tomaso, in città. Don Gianni Carminati ci spalancò le porte della chiesa dicendo "Venite che questa è la Sua casa". Le cose sono cambiate: adesso faccio parte del consiglio pastorale della parrocchia di Ponte San Pietro…».

Don Massimo Rizzi, direttore del segretariato migranti, ha poi offerto una serie di spunti sulla realtà dell'immigrazione a Bergamo, ha sottolineato l'impressionante velocità e le dimensioni del fenomeno che in pochi anni ha profondamente modificato il quadro sociale bergamasco ponendo in difficoltà anche la chiesa, non sempre pronta a seguire le parole di Gesù: «Ero straniero e mi avete accolto» eppure sovente capace di farlo, soprattutto attraverso la Caritas e i centri di ascolto nelle diverse parrocchie. Don Massimo ha sottolineato il valore di parrocchie dedicate ai migranti come la Santa Rosa da Lima in San Lazzaro, ma ha anche sottolineato l'importanza dell'inserimento degli immigrati nelle nostre chiese, nelle nostre parrocchie, come linfa, come nuova ricchezza per la nostra fede».

P.  A.

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